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A chi posso mandare la mia nuova newsletter?

Scritto il 17/10/2017
  • Digital Marketing

Una domanda che mi fanno spesso clienti e corsisti riguarda l’uso delle liste di contatti che abbiamo già in casa quando decidiamo di far partire (o ripartire) una newsletter.

È una questione più che lecita: una newsletter regolare è un progetto impegnativo, che richiede un piano editoriale e tanto lavoro di ideazione, produzione e rielaborazione dei contenuti; perché ne valga la pena, un elemento importante nel bilancio iniziale è anche a quante persone possiamo scrivere da subito o perlomeno in tempi accettabilmente brevi.

[Per un approfondimento sulle valutazioni da fare prima di imbarcarti in un progetto di newsletter regolare, ti rimando al mio post sui bilanci dell’email marketing]

Cosa dice la legge

Per mandare un messaggio email informativo o promozionale in maniera collettiva a un gruppo più o meno ampio di destinatari, qualunque sia lo strumento che usi per farlo, tutte le persone a cui scrivi devono averti dato un consenso documentato.

Consenso a cosa? L’informativa, un’opportunità misconosciuta

Spesso copiata e incollata dal sito di qualcun altro (tanto che a volte ci si trovano dentro i dati di un altro titolare), altrettanto spesso scritta da uffici legali più avvezzi a sollevare cortine fumogene di legalese che a capire la natura degli strumenti digitali, l’informativa è in realtà un’occasione preziosa per spiegare onestamente alle persone come useremo il loro indirizzo email e creare un’aspettativa nei confronti dei messaggi che manderemo.

Puoi scriverla in modo che sia comprensibile e perfino piacevole da leggere, e soprattutto fare in modo che abbia la tua voce, non quella del tuo avvocato; se vuoi un esempio, la mia informativa è qui. Oltre all’informativa estesa, consiglio anche di spiegare “cosa ti scriverò” già dentro al modulo di iscrizione.

Come (e se) usare gli indirizzi che hai già

Probabilmente hai centinaia di contatti a cui vorresti scrivere, ma a nessuno di loro hai mai fatto leggere un’informativa né puoi documentare un consenso a ricevere newsletter. Puoi usarli? In certi casi no, in altri dipende da come lo fai, sia dal punto di vista legale che da quello sostanziale di come saranno percepiti i tuoi invii.

Chi ti ha chiesto informazioni o un preventivo non vuole le tue DEM

Chi ti ha scritto solo per avere informazioni o ti ha chiesto un preventivo che non è mai andato a buon fine NON è un contatto da mettere in lista.

Il flag del consenso a usare i dati che tutti mettiamo in fondo ai moduli “Contatti” del nostro sito non ci autorizza a usare quegli indirizzi email per nient’altro che scrivere dei messaggi “a mano”, one-to-one: in questo la legge è chiarissima.

Spesso il tema emerge quando lavoro con le strutture turistiche, che ricevono ogni anno una gran quantità di richieste di disponibilità e offerte e mandano a tutti questi contatti, da lì in avanti, offerte e listini aggiornati.

Cosa puoi aspettarti se continui a scrivere a chi non è mai venuto in vacanza da te, evidentemente perché ha trovato offerte più adatte ai suoi gusti e ai suoi budget, e si è probabilmente già dimenticato di averti chiesto un preventivo? Fai un bagno di realtà:

  1. se ti va bene, il tuo messaggio finirà nel tab Promotions e non verrà mai aperto;
  2. oppure potresti fermarti direttamente nella cartella Spam, il che diventa sempre più probabile via via che i tuoi tassi medi di apertura si abbassano (vedi punto 1);
  3. infine, prima o poi incontrerai chi quel giorno si è svegliato di cattivo umore e clicca su Mark as spam: ogni volta che succede, non solo i tuoi messaggi finiranno da quel momento in poi nella cartella Spam di chi ti ha segnalato (caso 2), ma aumenterà la probabilità che i server inizino a guardarti male e ti archivino direttamente nella cartella Spam di tutti gli altri.

Intendiamoci: la richiesta di informazioni è una buona occasione per proporre anche l’iscrizione alla newsletter, ma questo va fatto chiedendo un consenso separato, non preimpostato al sì e non obbligatorio:

 

I contatti occasionali non fanno numero, ma danno

I rischi che corri sono anche peggiori se metti in lista persone incontrate in fiera chissà quanto tempo fa, contatti LinkedIn che non conosci davvero ma a cui hai chiesto il link “per allargare la rete”, tutta la tua rubrica degli ultimi dieci anni di lavoro; per non parlare di indirizzi trovati in rete o in elenchi pubblici.

Al di là degli aspetti legali (che peraltro hanno conseguenze pesanti, a partire da multe di migliaia di euro), avere mailing list “sporche” e “fredde” ti fa spendere sempre di più per ottenere sempre di meno, soprattutto per gli effetti che ha sulla tua reputazione di mittente.

Oggi non puoi più dare per scontata la cosiddetta deliverability, cioè il fatto che i tuoi messaggi vengano consegnati: si stima che il 20% circa dei messaggi commerciali non arrivi a destinazione (fonte Return Path), e l’unico modo per mantenere alta la consegnabilità dei tuoi messaggi è rigare dritto.

Coi tuoi clienti puoi fare soft spam, se lo fai bene

Una cosa che invece puoi fare, anche secondo la legge, è mandare email promozionali a chi è già tuo cliente, purché tu rispetti due condizioni:

  1. i messaggi devono riguardare prodotti o servizi simili o collegati a quelli che hanno già acquistato;
  2. le persone a cui scrivi devono poter bloccare questi messaggi, con un opt-out semplice e immediato (in pratica, il link “disiscrivimi dalla lista” che MailChimp e qualunque altro mailer mette in fondo a ogni newsletter).

Il legislatore definisce la pratica di mettere in lista chi è già cliente soft spam: un modo per ricordarti che stai mandando messaggi non richiesti né preannunciati (spam) ma che comunque lui chiuderà un occhio nella misura in cui non te ne approfitti (soft).

Il mio consiglio: avvisa prima di iniziare

Invece di mandare la prima newsletter “a freddo”, recupera quel che non hai fatto prima: manda un’informativa chiara e convincente e guadagnati il permesso di scrivere.

Ecco cosa racconta Teresa Marmo, una corsista del mio Digital Update Email Marketing:

Mi sono trovata in una situazione simile lavorando per De Carlo, un’azienda che produce infissi e materiale per l’edilizia: database acquisito attraverso ordini, acquisti, partecipazione a eventi, con consenso all’utilizzo di dati ma mai esplicitato per invio DEM.
Seguendo i consigli dati da Alessandra durante il corso, prima di iniziare gli invii della newsletter abbiamo mandato un messaggio per chiedere il consenso alla nostra attività di soft spam: una mail in cui spiegavamo di avere l’indirizzo in database per contatti precedenti e che d’ora in poi avremmo avuto il piacere di inviare mensilmente un aggiornamento sui progetti in fase di sviluppo o su eventi/formazione.
Abbiamo aggiunto in coda una call to action di disiscrizione (pulsante) per chi non era interessato a ricevere gli aggiornamenti; ora di volta in volta, dopo 3-4 invii e le prime disiscrizioni, il database si è assestato senza particolari criticità.

Un ottimo esempio di messaggio di “attivazione mailing list” è quello mandato da Zandegù a inizio dell’anno scorso, oggetto “Ci piacerebbe scriverti ogni tanto”:

Diretto, completo, tone of voice perfettamente coerente con quello del brand, clausola di opt-out perfetta: il degno incipit per una serie di newsletter altrettanto ben scritte.

Ecco, invece di mandare il primo numero della nuova newsletter, a freddo, a persone che magari non ricevono tue notizie da mesi o anni, trova il modo giusto per riprendere i contatti, valutando — in base alla relazione che vi lega — se la cosa giusta da fare è mettere direttamente le persone in lista proponendo un opt-out (come nei due esempi precedenti) oppure chiedere un’adesione esplicita ai nuovi contenuti.

Ci sono vari modi per farlo attraverso i flussi automatizzati: ne parlo nel mio corso online su MailChimp e a MailChimp Superpower, un corso video+aula di Digital Update.

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