Durante la conversazione di mercoledì scorso con Alec J Ross (qui il primo video, sui fattori che favoriscono il cambiamento) uno dei temi centrali è stato l’impatto che i social network hanno avuto e stanno avendo sulla comunicazione politica; insieme agli altri convenuti – in particolare Michele D’Alena, Roberto Grandi, Alberto Cottica – abbiamo raccontato della scarsa confidenza di gran parte dei politici nostrani con gli strumenti e soprattutto con l’atteggiamento mentale di apertura indispensabile per poterli usare bene.
Il nostro interlocutore ha osservato che le dinamiche di crescita in questo ambito non sono quasi mai lineari: si passa da una fase in cui l’uso di certi strumenti è pressoché marginale, appannaggio di piccoli gruppi (i cosiddetti digerati, élite della tecnologia e della comunità online), a un picco improvviso, che li rende mainstream e costringe giocoforza anche chi fa politica a farci i conti (dei 500 membri del Congresso USA, più di 300 sono ormai su Twitter).
Alec J Ross racconta poi come, durante le recenti rivoluzioni tunisina ed egiziana, il Dipartimento di Stato USA sia stato estremamente sensibile e attento all’enorme flusso di informazioni e messaggi che arrivavano attraverso sui social network, tanto da attivarsi anche con società locali per ascoltare in modo più efficace.
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