Leggo con qualche giorno di ritardo un bel post di John Jantsch sul blog Duct Tape Marketing, sulle cose per cui non ha senso pagare, o perché non servono, o perché pagarle non è il modo giusto per ottenerle. Sono d’accordo con l’intera lista, e spiego qui il perché.
La pubblicità è importante, ma spenderci soldi senza poter tracciare i risultati – campagna per campagna, annuncio per annuncio – è come affidarsi al caso e giocare ad occhi chiusi. Sono tante le variabili in gioco che l’unico modo per capire cosa sta funzionando e cosa no è misurare i risultati, col minimo ritardo possibile in modo da poter aggiustare il tiro in tempo reale, e capire quali sono gli investimenti che rendono di più – in termini di visibilità e soprattutto di conversioni e vendite.
Ho smesso da tempo di adottare il meccanismo delle “provvigioni per segnalazione”: se qualcuno – sia esso un amico o un conoscente – mi chiede di indicargli un’azienda o un professionista per un certo lavoro, o mi interpella su qualcosa che io non so fare, gli do quello che penso sia il nome più adatto, e non chiedo all’altro marchette sul fatturato generato.
Da quando ho fatto questa scelta lavoro molto meglio: le mie scelte sono guidate dalla mia personale valutazione su chi sia veramente la persona giusta per fare quel lavoro, non da quale percentuale mi viene passata; e, se devo condurre un’indagine più approfondita per scegliere il fornitore migliore, la considero per quel che è nei fatti, cioè una consulenza che mi farò pagare dal cliente.
Qualche volta mi capita che qualcuno mi proponga di segnalarmi a un cliente, chiedendomi una provvigione sul lavoro che ne scaturirà; ne prendo atto, se ne esce fuori qualcosa è ok, ma non si tratta di un comportamento che apprezzo o che incoraggio.
Non lo ripeterò mai abbastanza: le recensioni pagate non funzionano. È facile sgamarle, “puzzano di falso” da lontano un miglio, e sono anche sanzionate dalla legge (direttiva europea 2005/29/CE sulle pratiche commerciali sleali, recepita in Italia dal D.Lgs. 146/07).
Invece di spendere soldi per pagare recensioni positive, investite tempo e denaro per migliorare i vostri prodotti e servizi e per trattare bene i vostri clienti: le recensioni “vere e genuine” arriveranno da sole.
I link in entrata restano un fattore importante per migliorare il proprio posizionamento in ricerca, ma gli algoritmi di Google sono ormai in grado di identificare i link “genuini” da quelli provenienti da circuiti a pagamento, che vengono ignorati – quando non portano addirittura alla penalizzazione del sito.
L’unico modo sostenibile, a medio e lungo termine, per costruire la propria mailing list, è raccogliere gli indirizzi di persone che sono realmente interessate a quel che fate, chiedendo loro il permesso e spiegando in modo trasparente come userete il loro indirizzo. Qualunque scorciatoia vi procurerà più danni di reputazione che vantaggi.
In natura non esistono pasti gratis, e tantomeno in economia: qualunque attività richiede un investimento, sia esso monetario, di tempo, di rischio. Se dovessi fare la mia lista di cose che vale la pena pagare, ci metterei senz’altro la formazione (sia essa sotto forma di corsi, libri, letture online), gli strumenti che ci semplificano la vita (ad esempio facendoci trovare le informazioni più velocemente), una sedia ergonomica e un buon video (stare bene nel corpo è determinante per far funzionare meglio il cervello).
Ma, per poter destinare risorse a ciò che serve, bisogna saper dire dei no a quel che non serve.
1 commento a “Cose per cui non dovete spendere soldi”
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