Torna periodicamente d’attualità l’annosa discussione su “blogger, recensioni, omaggi, tramezzini, blogtour & C“; sul tema, segnalo i recenti post di Domitilla Ferrari e Gianluca Diegoli e l’insuperabile sintesi di Mafe De Baggis.
Dato che mi capita abbastanza spesso che qualche azienda mi inviti a eventi, mi offra libri-prodotti-gadget-anteprime-soggiorni, mi sembra utile mettere per iscritto la mia posizione in merito.
1) Se non sono interessata a quel che mi viene offerto, declino:
offrirmi qualcosa che non mi serve non è motivazione sufficiente a farmelo recensire, grazie.
— AlessandraFarabegoli (@alebegoli) Settembre 30, 2012
2) Corollario: non scrivo post su richiesta. Al contrario, offrirmi qualcosa chiedendomi a priori di scriverci un post è una ricetta perfetta per indispormi.
3) Se sono interessata o almeno curiosa, accetto; dopodiché, ne parlo-scrivo-instagrammo a seconda del sentimento del momento, in modo simile a quanto accade con le cose che compro coi miei soldi. I miei pareri positivi non sono in vendita: come ben spiegato da Piero Tagliapietra, un commento positivo ti mette in gioco molto più di una critica, e io tengo ai miei lettori e alla mia reputazione molto più di quanto tenga agli occasionali omaggi.
4) Se qualcosa nell’esperienza d’uso del prodotto / servizio / viaggio va storto e io sono in (o voglio mantenere) buoni rapporti con chi segue quel prodotto / servizio / destinazione, lo avviso direttamente in modo privato, come fanno con me i miei lettori che mi avvisano dei refusi nei miei post, e come faccio quando riscontro un problema in servizi e prodotti venduti da persone che mi sono vicine. Se il mio feedback viene ignorato, mi faccio domande serie sull’intelligenza di chi mi ha fatto provare qualcosa e non pare interessato a migliorarla. Mi capita di scrivere pubblicamente anche delle esperienze negative che riguardano prodotti o servizi che mi sono stati regalati; certo, meno spesso di quanto farei se avessi pagato con i miei soldi. Più spesso, se un omaggio non si è rivelato all’altezza, sto zitta.
5) Non mi interessa fare la blogger di professione, non credo nemmeno che “blogger” sia una professione.
6) Sono iscritta al programma di affiliazione Amazon e, quando scrivo di un libro o prodotto che mi è piaciuto molto e che è in vendita su Amazon, spesso mi ricordo di linkarlo col link “da affiliato”: questo significa che se qualcuno di voi segue il link e compra quel prodotto, io ricevo una piccola percentuale sull’acquisto. Non consiglio libri o prodotti che non mi sono piaciuti, non vivo dei proventi dell’affiliazione (in un paio d’anni ci avrò guadagnato 30 euro in tutto), non scrivo post per metterci dentro prodotti linkati.
7) Se parlo male di un prodotto o servizio, non è perché voglio farmi assoldare come consulente dall’azienda che lo fornisce. Se non fosse abbastanza chiaro: non mi interessa diventare consulente di Trenitalia.
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Mi trovo d’accordo praticamente su tutto tranne, forse, il fatto che ‘blogger’ non sia una professione. In alcuni (rari) casi, può esserlo. Dipende poi se con ‘professione’ intendi un’attività che generi un reddito sufficiente per vivere, oppure un’attività svolta in modo professionale.
A prescindere dal guadagno, la professionalità è proprio il punto. Sono in tanti pronti a prendere qualunque cosa gli venga offerta e a dare in cambio recensioni spesso discutibili. E così, molte aziende ‘ci provano’. Per una Alessandra Farabegoli che gentilmente e professionalmente declina, ce ne sono altri pronti a vendersi per un piatto di lenticchie :-)
Ciao Alessandra, apprezzo il tuo approccio. Ti ho appena seguita su Twitter, chissà che prima o poi ci incontriamo a qualche evento social!
Tempo fa sul mio blog è nata quella che io chiamo “la saga Piquadro”. Ti risparmio la storia che se vorrai potrai leggere sul blog. Quello che invece mi interesserebbe molto è un tuo parere a proposito del recente scambio che ho avuto proprio sul blog con l’amministratore delegato della Piquadro su un guest post di una mia lettrice e loro cliente.
Vai al commento 13 e 14, Sarei felice di avere un tuo parere e un tuo commento. Grazie, a presto! Stefano
concordo sulle singole virgole-.-
che dirti? brava brava.
capisco il principio, ma spero che questo non si estenda anche a possibili spunti di riflessione provenienti da persone che si vogliono confrontare con Lei su qualche argomento in particolare: io avevo provato a mandarLe un’e-mail sperando in un possibile confronto su un argomento relativo a Facebook, ma non ho avuto risposta
Ciao,
nell’ottica di questo articolo (e dall’alto della tua esperienza) spero che tu mi possa illuminare su un punto:
qual è il motivo che spinge le aziende (anche molto grandi) a invitare parecchi blogger (anche molto piccoli) a chiacchierate più o meno informali per parlare dei loro prodotti (in modo più o meno sottile…)?
Lo fanno perché sono davero interessati in quello che i blogger pensano?
Ne dubito… dopo tutto, come ho detto alcuni di questi blog sono davvero piccoli e anche quelli più grandi di certo non raggiungono il grande pubblico.
Lo fanno perché pensano i blog siano “influencer”? (ma abbiamo detto che sono piccoli)
Lo fanno per motivi di SEO, in quanto di ritrovano con 10-20-30 articoli tutti simili che parlano dell’azienda in questione e a Google tutto ciò piace?
Insomma, puoi chiarirmi come funzionano queste cose?
@Andrea, non c’è una risposta che copra tutti i possibili casi. In genere le motivazioni sono un mix di tutte quelle che tu hai citato: questo genere di attività fa parte delle relazioni pubbliche, il cui ritorno spesso non è né diretto né immediato. Se il prodotto / servizio è buono e se vengono scelte le persone giuste, io credo che ne possano venire dei vantaggi. Se l’operazione viene fatta “perché lo fanno tutti”, è più difficile che riesca bene.
@stranger, scusa ma non apro dibattiti a due con chiunque mi scriva, se un tema mi interessa ne scrivo sul blog, in genere citando chi mi ha dato spunto di trattare il tema.
@Stefano, ho scoperto oggi che il tuo commento era finito nello spam :-(
Ho letto la saga Piquadro sul tuo blog e i relativi commenti, davvero istruttiva (se può consolarti, pure a me succede che ogni tanto qualcuno mi scambi per l’assistenza online delle aziende di cui scrivo…)
Ho molto apprezzato la tua risposta tranquilla all’AD di Piquadro, evidentemente il vizio di “difendersi attaccando” (o insinuando) è un riflesso condizionato duro da estirpare ;-)