[mettetevi comodi, è un post lungo]
A fine giugno ho ricevuto da Valeria Maltoni (che ringrazio) un invito a entrare in Google+, in quel momento in fase di test e aperto solo a (pochi) invitati.
Molto curiosa, anche se alla vigilia della partenza per le vacanze (e quindi alle prese con tutte le solite cose da chiudere all’ultimo momento), sono entrata nel nuovo giocattolo, e ho anche distribuito a mia volta qualche decina di inviti.
Ora, lo dico chiaramente: l’unico motivo per cui continuo a passarci quasi una volta al giorno è che gran parte delle persone di cui prima leggevo post e commenti su Friendfeed si è adesso trasferita in massa su Google+.
Si tratta più che altro di persone il cui lavoro ha a che fare con Internet: peraltro, i primissimi inviti a G+ sono stati distribuiti a blogger famosi e “influencers” scelti per la loro vasta audience, e da questi sono stati diffusi via via verso blogger un po’ meno influenti e conosciuti, ma pur sempre molto più online della maggior parte delle persone.
Dopo tre settimane dal lancio, ancora gran parte delle conversazioni che si svolgono dentro a Google+ riguarda proprio Google+: come usarlo, se sia meglio o peggio di Facebook / Twitter / Friendfeed, quali siano i possibili sviluppi e gli usi “aziendali”.
Così, mentre comunque un’occhiata a Friendfeed continuo a darla per leggere i commenti del drappello di irriducibili che ancora non vuole (o non riesce) a entrare in Google+, ho aggiunto alla mia lista di siti da controllare un altro “succhiatempo”. E non ne sono affatto contenta.
Riassumo le caratteristiche di Google+ applicando la griglia di analisi dei social network che avevo descritto in un post di un mese fa.
Google+ è un social network per persone, individui singoli “reali”. Gli account “aziendali” o “fake” violano le condizioni di servizio.
Il profilo personale dell’utente G+ è piuttosto articolato, ed eredita le informazioni presenti nel profilo Google (per chi ne aveva uno); è possibile linkare i propri blog, siti, profilo Twitter e altri social network, più le informazioni di contatto. È anche possibile definire chi può vedere ciascuna di queste informazioni, se non le si vuole rendere pubbliche.
Nessuna.
Su Google+ si possono pubblicare testi, immagini, video, link commentati, o la propria posizione geolocalizzata. In questo, G+ appare molto simile a Facebook. Quando si pubblica qualunque tipo di contenuto, si può scegliere se renderlo visibile a chiunque, anche fuori da G+ (compresi i motori di ricerca), o se condividerlo solo con uno o più singoli utenti o circoli di utenti (per tradurre il termine inglese circle uso la dizione circolo, perché cerchie mi sembra francamente orribile).
Non sono (ancora?) presenti funzionalità “native” di condivisione automatica dei contenuti postati su G+ in altri social network. Sono state realizzate da terzi alcune integrazioni, che rendono possibile ad esempio inoltrare a Twitter i post che si scrivono su G+. È anche possibile importare da altre parti il proprio feed RSS, che ha un indirizzo (davvero poco friendly) tipo https://plus.google.com/111574716236474849805/posts.
Non è invece possibile al momento importare direttamente da altri social network verso G+, e neppure importare un feed: così, se voglio condividere questo post su G+, devo copiare a mano il link, e non ho modo di inserire automaticamente nel mio flusso G+ i miei twit, né le foto che scatto con Instagram, o le citazioni che pubblico su Tumblr, o i miei checkin di Foursquare.
Questo mi dà un enorme fastidio, perché su ciascuno di questi social network ho già una rete di relazioni e di piccole manie-abitudini-usanze a cui mi costa rinunciare, e mi trovo davanti alla scelta fra aumentare il tempo (già troppo abbondante) che dedico alla condivisione online, o rinunciare a qualcosa. Perché dovrei farlo? Già Google ha l’egemonia di fatto delle informazioni sulla mia vita in rete (traccia la mia navigazione, gestisce la mia posta e la mia agenda, analizza le mie ricerche, conteggia i dati dei miei siti), perché si è messo in testa di chiedermi anche il monopolio della mia vita sociale?
Unica eccezione a questa autarchia, le foto pubblicate su Picasa; ma, per me che sono un’affezionata utente di Flickr (di cui pago da anni la versione Pro), l’opzione è completamente inutile.
I contenuti pubblicati dagli altri altri utenti possono essere commentati, ricondivisi (pubblicamente o in modo specifico a utenti o circoli di utenti), o si può cliccare su “+1“, che possiamo considerare in qualche modo “il like di Google“.
Qui arriva la parte più caratteristica di Google+. Le relazioni all’interno di questo network sono asimmetriche: ciascuno decide chi “seguire”, inserendolo in uno o più “circoli”. La classificazione dei propri contatti in vari “circoli” è completamente personalizzabile, ed è possibile inserire un contatto in più di un circolo. Nel feed generale vediamo tutti i contenuti pubblicati da tutti i contatti che abbiamo inserito in un circolo; possiamo navigare a una vista che comprenda solo i feed di uno specifico circolo. Nella vista “incomings” vediamo i contenuti pubblicati dalle persone che ci hanno inseriti in un circolo, ma che noi non abbiamo (ancora) deciso di seguire.
Quando si pubblica un qualunque contenuto, è possibile renderlo visibile solo a determinati “circoli”: questo però non significa automaticamente che i membri di quel circolo lo vedranno, perché questo succederà solo se anche loro, a loro volta, ci hanno inseriti in uno dei loro circoli. Quindi, “condividere con un circolo” significa in realtà “sperare che quelli che ho messo in un certo circolo mi stiano seguendo e mi leggano”.
Possiamo vedere se siamo stati inclusi da un altro utente in uno dei suoi “circoli”, ma non possiamo vedere in quale/i, cioè non è dato sapere se ci ha classificati fra “i guru preferiti” o piuttosto nei “rompicoglioni da tenere sott’occhio”.
Si possono inviare messaggi email solo a utenti che ci abbiano reso visibile il loro indirizzo o che siano già nei nostri contatti Gmail. Una funzione invece che sta riscuotendo particolare successo è quella degli “hangout“, videoconferenze (o “videoritrovi” nell’orrida traduzione italiana) attivabili fra max 10 persone.
La visibilità dei propri contenuti viene gestita in modo estremamente dettagliato, scegliendo, ogni volta che si pubblica qualcosa, se il contenuto deve essere pubblico o se lo si vuole condividere solo con uno o più utenti o circoli di utenti. In questo, il meccanismo è simile a quello già previsto da Facebook con le “liste”, ma qui è messo in evidenza molto maggiore, e anzi mi verrebbe da dire che, mentre Facebook sembra quasi spingere per farci dimenticare l’abitudine alla privacy, Google+ sia “ossessionato” dal renderci in ogni momento consapevoli della questione “a chi sto dicendo questa cosa?”.
Non so se mi sia più fastidioso l’uno o l’altro estremo, o forse sto diventando insofferente a questo arrotolarsi dei nostri pensieri intorno a cosa e come pubblichiamo in rete, e ho bisogno di un po’ di vacanza dai vari social network.
Non trovo al momento in Google+ una funzione che permetta di creare gruppi. Il “circolo” non è un gruppo, perché non è reciproco (a meno che non ci mettiamo d’accordo in N persone per creare tutti un gruppo che ci comprenda tutti e N, e solo noi, meccanismo quantomai farraginoso). Mi sembra che questa sia una mancanza piuttosto grave, perché i gruppi (che ora uso molto su Facebook, e che ho spesso usato soprattutto in passato dentro a Friendfeed) sono una delle funzioni più utili per organizzare qualcosa o discutere in ambiti più ristretti.
Non sono al momento previsti servizi a pagamento, e dubito che lo saranno in futuro: caratteristica di quasi tutti gli strumenti di Google (tranne la pubblicità) è il loro essere gratuiti.
Per il momento si sa solo che verranno attivati prossimamente, iniziando probabilmente dalle prime aziende che ne hanno fatto richiesta. Di più non è dato sapere.
Al momento non è possibile fare pubblicità su Google+, e non si vedono neppure Adwords. Vedremo in futuro.
È paradossale, ma dentro a Google+ non esiste (ancora?) una funzione di ricerca. I contenuti più commentati o “votati” emergono in cima alla lista (come su Friendfeed), ma, se cerco qualcosa, o mi ricordo chi l’ha scritta e recupero il contenuto scorrendo il feed dell’autore, oppure niente.
Al momento Google+ è popolato da geek, nerd, socialmediaguru, e pochi altri. In due settimane ha raggiunto e superato i 10 milioni di utenti, che sono probabilmente in gran parte coincidenti con i 10 milioni di persone che usano Foursquare per geolocalizzarsi, twittano più volte al giorno, hanno un blog, eccetra. Insomma, noi persone “diversamente normali” (quando faccio nei miei corsi la lezione sui social network, c’è sempre qualcuno che mi chiede se ho smesso di dormire la notte per twittare-postare-fotografare così tanto).
L’obiettivo di Google sembra essere quello di attaccare la predominanza di Facebook; forse sarò smentita dai fatti, ma la mia impressione è che G+ sia un po’ troppo “cerebrale” per convincere la vasta maggioranza a migrare al seguito degli early adopters. Per il momento, l’unico assalto che mi sembra già andato a buon fine è quello alla piccola roccaforte italiana di Friendfeed (Friendfeed, dopo l’acquisizione da parte di Facebook, è stato praticamente abbandonato in tutto il mondo, tranne che in Italia, dove si è affermato come il SN di nicchia dei miei colleghi, e in Turchia).
Vedi sopra.
Larry Page dichiara che Google+ vuole diventare come lo spazzolino da denti, uno strumento che si usa almeno due volte al giorno. Per il momento chi c’è dentro lo usa forse anche più spesso, vedremo quanto l’entusiasmo iniziale terrà sulla distanza.
È già pronta l’app Android, quella per iPhone è in corso di approvazione, ma è comunque possibile usare la webapp. Sento commenti molto positivi fra gli utenti Android, io per il momento uso G+ praticamente solo da postazione fissa.
Google+ si usa da Google+ e basta. Tutto è linkabile, ma ancora non ci sono API né istruzioni per l’integrazione. Molti commentatori dicono “abbiate pazienza, è in beta”; io sono fra gli insofferenti e mi dà molto fastidio questo “rimandare al futuro” l’integrazione. Ho sempre associato Google al motto “do what you do best and link to the rest” e mi sento tradita da BigG per questa sua chiusura al resto del mondo.
È ancora presto per dire se G+ evolverà da social network dei geek a social network generalista, o anche se sopravviverà o cadrà nel dimenticatoio come i precedenti tentativi sociali di Google.
Perché le persone si iscrivono e usano Google+? Nei primi giorni, quando entrarci era un piccolo privilegio, sicuramente la motivazione principale era vedere com’era e far sapere che ci si era dentro. Molti dicono che G+ risolve i difetti di privacy di Facebook fornendo un contesto più “pulito” e meno infestato di giochi e cazzeggio; io non so se questo basterà per generare migrazioni in massa o se alla fine G+ resterà un ambiente per pochi.
Sulle opportunità per le aziende, davvero mi sembra disonesto anche solo azzardare previsioni. Oggi ho condiviso (su Twitter) un bel post di Gini Dietrich che illustra benissimo il punto: prima di spendere tempo, energie, soldi per seguire corsi su G+ da autoproclamati guru del nuovo strumento, meglio vedere quanti e chi decideranno stabilmente di usarlo. Mi autocito:
“Ha senso per un’azienda – o meglio, per la nostra azienda – vivere dentro a questo social network? Il tipo di persone che lo frequentano fa parte del nostro ecosistema? I contenuti e messaggi che vengono scambiati hanno attinenza con ciò che facciamo? Possiamo ascoltare conversazioni interessanti e rilevanti per noi? C’è qualcuno potenzialmente interessato a quel che noi abbiamo da dire? La risposta a queste domande non è mai scontata, e va analizzata caso per caso.”
Nel caso di G+, potremo cominciare a rispondere solo fra qualche mese.
Molti fra quelli che stanno usando Google+ confrontano, entusiasti, la velocità con cui sono stati aggiunti ai “circoli” di tante persone (“ci ho messo due anni per arrivare a 500 follower su Twitter, e una settimana per essere aggiunto ai circoli di 500 persone”), e il numero di commenti e reazioni che ottengono i loro post su G+ rispetto a quanto avviene in altri social network.
Non penso che questi confronti siano corretti: va fatta una tara notevole sia rispetto alla novità (tutti stanno provando e passano un sacco di tempo dentro a G+) sia rispetto al contesto di riferimento, e l’engagement su Google+ non può essere confrontato con quello su Twitter ma nemmeno su Facebook; forse l’unico confronto sensato, almeno in Italia, è quello con Friendfeed, che è molto simile per tipo di utenti.
Twitter non è un social network prettamente “conversazionale”, e se un mio twit genera tre risposte e 5 “retweet” lo considero un discreto successo; su Friendfeed, invece, ho avuto dei post con decine, a volte centinaia di “like” e commenti, perché FF è un ambiente di conversazione fra persone che sono mediamente molto più simili a me per interessi e abitudini rispetto ai miei “amici” di Facebook, fra cui si trovano ex compagni di scuola, vecchi colleghi, parenti, persone che fanno un lavoro del tutto diverso dal mio ma che ho conosciuto per i motivi più vari.
Google+ mi sta piuttosto facendo interrogare su quale sia il senso del mio lavoro: sicuramente non voglio che sia “spendere gran parte del mio tempo a usare un SN piuttosto che un altro”, se questo non ha uno scopo – che sia formarmi, fare networking, o aiutare i miei clienti a lavorare e comunicare meglio. Invece tutto questo buzz intorno, su e dentro G+ mi sembra tanto un “parliamoci addosso” fra i soliti noti della rete, mentre fuori succede tutt’altro.
Sull’onda di queste riflessioni, ho anche deciso di cambiare le mie impostazioni di privacy Facebook, rendendo pubblici tutti i miei post e consentendo a tutti – anche a chi non è mio “amico” – di commentarli. Contemporaneamente, ho cancellato dai miei elenchi di “amici Facebook” tutti quelli che non conosco personalmente (se qualcuno è stato cancellato per sbaglio, me ne scuso, nella foga notturna posso aver cliccato una volta di troppo: richiedetemi l’amicizia con un messaggio).
L’ho fatto perché ho definitivamente realizzato che, per il mio modo di essere e di lavorare, è molto più semplice e lineare che tutto ciò che metto in rete sia pubblico:
Se poi non tutti quelli che “mi seguono” troveranno interessante ogni mio post / twit / foto / commento / link, non me ne scandalizzo più di tanto, anche perché non do per scontato che gli altri pensino a me continuamente e aspettino ogni mia parola come oro colato: se a un certo punto qualcuno riterrà che i miei contenuti siano poco rilevanti, mi cancellerà dai suoi contatti (amici come prima, cioè non amici).
Questo significa che non ho voglia di “segmentare” la mia conversazione né tantomeno passare giornate a studiare la classificazione in “circoli” di tutti i miei contatti.
Sicuramente però se “vi seguo su Twitter” o “vi chiedo l’amicizia su Facebook” o “vi metto un circolo di Google+” (per la cronaca ne ho tre, “amici amici”, “gente interessante”, “non mi conoscono ma li seguo”), qualcosa di voi mi interessa, non sono un robot che vi “aggiunge in automatico” per far scattare un contatore. Il tempo e l’attenzione, sono risorse limitate e, sebbene io abbia superato da tempo il numero di Dunbar con i miei contatti online, la quantità di nomi che riesco ad associare ai visi resta sempre quella.
E anche il numero di social network che riesco a gestire contemporaneamente non può crescere all’infinito: per dirla con le parole di Tara Hunt,
Don’t make me work for another social network. Make your social network work for me.
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Bel post Alessandra, ti lascio qualche spunto sull’argomento: http://www.contino.com/blog/2011/7/18/tanto-e-poco-google.html
Grazie Andrea, avevo letto ieri sera il tuo post, molto interessante.
Non so se l’impressione che G+ voglia essere anche “una copia avanzata” di Friendfeed è una proiezione dei nostri desideri, certo a me di Friendfeed mancano l’immediatezza (quando ho iniziato a usarlo nel 2007 non ho provato nessuna sensazione di “doverci lavorare su) e la leggerezza.
Verissimo. Non capisco se G+ ruba solo più tempo a quanto già sto facendo online (del resto i miei contatti sono gli stessi, e riesco già a raggiungerli altrove) oppure aggiunge qualche tipo di valore che non riesco ancora a trovare..
Molto interessante, una prima impressione che condivido in molti aspetti. L’unica nota di differenza è che non avendo mai attivato FF (per seguire ciò che mi interessa uso il Reader) ora con G+ mi ritrovo un aggregatore di contenuti immediato del settore social e web marketing. Vedremo cosa succederà ma tendo a credere anch’io che sarà un social destinato ad unire le persone più per “interessi” che per la “conoscenza”. Lo stesso G+ se devi connettere più persone non chiede se “le conosci davvero”, non è questo l’aspetto importante.
a proposito di url orrenda (questione di privacy/spam), se desideri averne una piu’ leggibile (e se fai in fretta usando proprio il tuo nome) vai qui: http://gplus.name. questo artificio e’ un semplice reindirizzamento e non una variazione.
vorrei poi osservare come non sia tanto google a non lasciare importare contatti, quanto gli altri a non concederli a google, primo su tutti. e attenzione a pubblicizzare il proprio plus su FB, girano gia’ account chiusi per questo!
per quanto riguarda invece la ricerca, se utilizzi chrome e’ possibile sfruttare le seguenti stringhe come motori di ricerca:
per i post: {google:baseURL}search?q=site:plus.google.com inurl:posts/* %s
per i profili: {google:baseURL}search?q=%s&tbs=prfl:e
yuk!
a proposito di url orrenda (questione di privacy/spam), se desideri averne una piu’ leggibile (e se fai in fretta usando proprio il tuo nome) vai qui: http://gplus.name. questo artificio e’ un semplice reindirizzamento e non una variazione.
vorrei poi osservare come non sia tanto google a non lasciare importare contatti, quanto gli altri a non concederli a google, primo su tutti. e attenzione a pubblicizzare il proprio plus su FB, girano gia’ account chiusi per questo!
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