La settimana scorsa Gianluca Diegoli, ritrovandosi un po’ a sorpresa fra i relatori del Festival della Creatività di Firenze, ha annunciato che avrebbe tenuto un intervento sui 20 motivi per cui i creativi non fanno bene al marketing.
Come sa bene chi mi conosce, mi sono trovata più volte a battibeccare con creativi o presunti tali per divergenze insanabili su cosa fosse più utile e funzionale a un progetto, o sulla necessità di non confondere creatività e improvvisazione; addirittura a un certo punto io e Luca Sartoni avevamo iniziato ad abbozzare un “manifesto dei non creativi“.
Così ho proposto a Gianluca di aiutarlo a preparare la presentazione, e lui ha accettato: abbiamo selezionato insieme le varie tesi che aveva iniziato a scrivere, tutte nate da esperienze reali con “creativi” in carne e ossa, per ridurle a 10 (all’inizio erano molto più delle 20 annunciate), e io ho confezionato la presentazione che potete vedere qui sotto (qua invece potete guardare il video dell’intervento di Gianluca al Festival)
Di tutte le tesi, la mia preferita è l’ultima, naturalmente presa all’incontrario (il rovesciamento è uno dei metodi classici del pensiero creativo..): la creatività che apprezzo è quella che serve a semplificarmi la vita, non un’esibizione fine a se stessa (tipo tagliare a pezzi una sedia di plastica per impacchettarla in carta da macellaio, performance che ho visto esaltare come uno dei momenti topici di un evento di creativi).
E, naturalmente, amo usare e vedermi intorno oggetti belli e ben fatti, anzi penso che abituarsi al bello aiuti a diventare migliori.
Però, gran parte dei creativi trarrebbe enorme vantaggio dall’applicazione della “Regola no.6” illustrata da Benjamin Zander nel libro “The Art of Possibility“. Per chi non ha letto il libro, ecco la mia traduzione libera.
Due primi ministri stanno discutendo di importanti questioni chiusi in una stanza. All’improvviso, entra urlando nella stanza un uomo, livido e furioso, i pugni che battono sul tavolo. Il primo ministro locale alza gli occhi e lo ammonisce “Peter, per favore, ricordati della regola no.6”. Immediatamente, Peter si calma, si scusa e se ne va. I politici tornano alla loro conversazione, ma venti minuti dopo sono di nuovo interrotti dall’arrivo di una donna agitatissima, che gesticola in modo isterico. Di nuovo l’intrusa viene accolta dal primo ministro locale con le parole “Mary, per favore, ricorda la regola no.6”. E di nuovo torna la calma, e anche la donna si ritira in buon ordine scusandosi. Quando la scena si ripete per una terza volta, il primo ministro ospite si rivolge al collega: “Ho visto di tutto nella mia vita, ma non avevo mai prima d’ora visto una scena così sorprendente. Per favore, puoi rivelarmi il segreto della Regola no.6?”. “È molto semplice,” risponde il primo ministro locale. “La regola no.6 dice ‘Non prenderti così maledettamente sul serio’,” “Ah,” dice l’ospite, “è un’ottima regola. E, se posso chiedere, quali sono le altre?” “Non ci sono altre regole”.
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“il rovesciamento è uno dei metodi classici del pensiero creativo”
Il pensiero creativo non abbisogna di “metodi classici”!!!
(perdonami, non ho saputo trattenermi dal riprenderti per quell’ossimoro ;) faccio una gran fatica a far trasparire nei commenti l’ironia)
e hai ragione @Gio :-D
In realtà, quello a cui stavo pensando era “il rovesciamento è una delle prime tecniche che vengono insegnate ai corsi di creatività e pensiero laterale”
@Ale comunque rigiri la frase, “insegnare la creatività” resta un bellissimo ossimoro : D
di questo non sono convinta, @Gio.
Abituare a valutare diverse opzioni, far sì che le persone si diano il permesso di uscire dagli schemi.. io credo che molte cose si possano insegnare, o quantomeno facilitare.
C’è un libro molto bello, “Mindset”, di Carol Dweck, che spiega come esistano due diversi tipi di atteggiamento mentale: il “fixed mindset” è quello che considera le persone inchiodate ai loro talenti (o carenze), per sempre; il “change mindset” è quello che valuta l’importanza dell’imparare e del cambiare, e incoraggia a farlo. Poi che non esistano manuali di creatività siamo tutti d’accordo, eh :-)
Sono d’accordo con te, semplicemente rincalzavo la dose… tra l’altro stavo per commentare l’ultimo articolo di gluca a tal proposito, quello da cui sono approdato, ma là non era molto coerente… per cui lo rigiro qui, riveduto e corretto:
“creatività è un termine tanto vasto che noi (soprattutto i designer, come me, e gli art) spesso fatichiamo a intravederne i confini e tendiamo ad abusarne inserendolo dappertutto. Detto questo mi permetto una considerazione: che proprio per sua caratteristica, ogni uomo è creativo! (a suo modo); e non è questione di misure perché la creatività non è un volume da riempire e di cui si può misurare il peso specifico o la densità”
Spesso ho trattato questo argomento sul mio blog, incalzato prima da questo a da quel professore e oggi dalla professione che cerco di esercitare (spero con risultati sempre migliori ; )