Fra illustrare una teoria e raccontare una storia che la esemplifichi c’è una bella differenza: come si dice spesso, “show, don’t tell”, perché le storie (specie quelle vere) spiegano e convincono.
Così, in ogni corso, il momento dei case study è sempre apprezzato, e molto spesso richiesto: “ci trovi un po’ di esempi del nostro settore?” è la domanda che ogni formatore si è sentito fare tantissime volte.
Ma le storie degli altri non sono un copione da ripetere con garanzia di riuscita! Perciò ti chiedo di prenderti tre minuti e ascoltare questa favola.
Di favole come questa ne avrai sentite tante anche tu; io questa l’ho presa da L’Uccel Belverde, meravigliosa raccolta di fiabe italiane riscritte da Italo Calvino, me ce ne sono tantissime altre che seguono il medesimo copione:
E allora? A che servono le success story se non possiamo copiarle?
Servono a farci capire le possibilità; ad aiutarci a trovare la nostra, di strada, quella che corrisponde a come siamo fatti noi e al valore che possiamo offrire a chi incontriamo sul nostro cammino.
Non devi copiare le parole e i gesti degli altri – né i loro post su Facebook, o le pagine del loro sito, o il meccanismo dei loro contest Instagram. Copiare è un esercizio privato che serve a impratichirti dei linguaggi, ma dopo che l’hai fatto devi tornare sui tuoi passi e avere qualcosa di originale e di tuo da raccontare.
Buone storie!
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Bellissimo post Ale, condivido in toto. Io ai corsi sulla narrazione della propria identità online parlo sempre della teoria di Propp e del fatto che in ogni racconto ci deve essere un protagonista, un viaggio, dei magici aiutanti, degli antagonisti e un obiettivo. Secondo me lo storytelling, stringendo, stringendo, questo deve essere per generare la giusta empatia e coinvolgimento. Il difficile, ovviamente, è farlo bene. Ma è la sfida e l’arte da affinare ;-) http://www.francescasanzo.net/2012/11/13/narrare-la-propria-identita-online/
Ciao! Mi sono proprio divertita ad ascoltarti! Anche la tua z tutta romagnola nella parola “ammazzi” :D
Io sono d’accordo con te, ma mi viene un dubbio, Alessandra, e se le storie che abbiamao da raccontare non si differenziassero tanto l’una dall’altra? Siamo sicuri che tante storie più o meno uguali possano attirare interesse? Tu che ne pensi?
Baci! Francesca.
Non esiste una ricetta unica, Francesca Farina. Ciascuno di noi fa cose che fanno anche altri, vale la pena farlo se il mercato è abbastanza ampio e ricettivo e se noi, in questo mercato, siamo in grado di differenziarci in qualche modo che sia interessante per una nicchia sufficientemente ampia da… mantenerci. A parità di qualità (ammesso che esista), sono i dettagli (e il modo in cui li raccontiamo) che ci fanno scegliere