[estratto e rielaborato dalle bozze del mio Manuale di MailChimp]
Come spiego sempre durante i miei corsi sul digital marketing, agire senza sapere dove vogliamo arrivare e senza misurare i risultati delle nostre azioni è, nella migliore delle ipotesi, nient’altro che uno spreco di energie.
Quando mettiamo in piedi un piano di email marketing dobbiamo avere le idee chiare su:
Via via che lanceremo le nostre campagne, andremo a misurarne gli effetti, analizzando i dati che il nostro strumento (nel mio caso: MailChimp) ci fornisce.
Vediamo uno per uno i principali indicatori che dobbiamo tenere sotto controllo.
Per ogni 100 messaggi che partono, quanti ne vengono effettivamente recapitati nella casella di posta dei destinatari? Questa percentuale è il delivery rate, o tasso di consegna.
Il suo reciproco, vale a dire la percentuale di messaggi che tornano indietro per impossibilità di consegnarli, è il bounce rate, o tasso di rimbalzo.
Una delle cause della mancata consegna è che l’indirizzo email non esiste: forse l’abbiamo importato da un elenco che conteneva errori, o forse la casella è stata chiusa perché si trattava dell’email aziendale di una persona che ha cambiato lavoro. Questi sono gli hard bounces, a seguito dei quali MailChimp disiscrive in automatico l’indirizzo dalla mailing list.
Altri messaggi invece possono non venire consegnati perché la casella di posta è piena, o per un temporaneo sovraccarico dei server: si tratta dei cosiddetti soft bounces.
La presenza di soft e hard bounce, se contenuta entro certi limiti, è del tutto normale: si tratta del fisiologico turnover delle caselle di posta, dovuto all’abbandono di servizi di posta collettivi per migrare a un indirizzo su un proprio dominio, alla mobilità lavorativa, e così via.
Se tuttavia la vostra lista manifesta un tasso di rimbalzi più alto del normale (si considera accettabile un bounce rate inferiore al 5%) scatta l’allarme: avete importato una lista acquistata? Avete caricato un elenco obsoleto?
Il tasso di apertura (open rate) è la percentuale di messaggi aperti calcolata sul totale dei messaggi effettivamente consegnati: se ad esempio avete spedito la newsletter a 100 iscritti e tre di questi non l’hanno ricevuta perché nel frattempo hanno cambiato indirizzo email e la loro casella non è più attiva, 20 messaggi aperti significano un tasso di apertura del 20,62%, che corrisponde al rapporto 20/97.
Di solito, quando si legge per la prima volta un report coi tassi reali di apertura delle newsletter, la prima reazione è di grande delusione: il numero di messaggi aperti è molto più basso di quel che ci saremmo aspettati! Questo ci riporta alla dura realtà dei fatti: le persone pensano a noi molto meno di quanto noi vogliamo credere, e, così come i bollettini stampati spesso passano direttamente dalla cassetta della posta in arrivo alla pila polverosa delle cose “da leggere” e di lì al cesto della carta da macero, così anche per le newsletter si considera del tutto fisiologico un open rate fra il 10% e il 30%.
MailChimp ci fornisce una media di settore con la quale confrontare i nostri tassi di apertura: è la colonna “Industry” che accompagna tutte le nostre statistiche.
Il tasso di apertura viene calcolato incrementando un contatore nel momento in cui chi legge il messaggio decide di visualizzarne le immagini: spesso il programma di gestione della posta elettronica è configurato in modo da bloccare il download automatico delle immagini, per cui è possibile che qualcuno apra effettivamente una newsletter ma ne legga il contenuto anche senza visualizzare le immagini: questa apertura non verrà conteggiata.
Di conseguenza, il tasso di apertura è sempre un dato sottostimato rispetto al suo valore effettivo: più che fissarci sui numeri assoluti, dovremo tenere sott’occhio il trend delle aperture delle nostre newsletter.
MailChimp e gli altri servizi di mailing tracciano anche il numero di volte in cui qualcuno segue uno dei link contenuti nella newsletter; il tasso di clic (click-through rate) può essere valutato o rispetto al numero di messaggi consegnati, o, più correttamente, rispetto al numero di messaggi aperti (clicks/unique open).
La media fisiologica di riferimento è piuttosto bassa, fra il 5% e il 10%; anche qui, meglio far riferimento alle medie di settore ma ancor più allo storico della nostra lista.
MailChimp fornisce un report che ci mostra quali sono stati i link più cliccati all’interno della newsletter; anche queste sono informazioni che ci aiutano a capire cosa funziona meglio e dove possiamo invece migliorare.
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Interessante l’articolo, ed ancor più vedere che l’email marketing continua a suscitare un grande interesse da parte di aziende ma anche da parte dei blogger.
In merito all’articolo mi permetto di sottovalutare l’importanza strategica di un attenta lettura delle statistiche relative ad ogni campagna; sempre più persone pensano che una volta inviato il messaggio il lavoro sia finito così, è un errore gravissimo.
L’email marketing professionale e non, si sta muovendo verso esigenze di data strategy, ogni ritorno statistico dev’essere valutato attentamente in modo da adattare le azioni successive.
Per quanto riguarda le strategie dati nell’email marketing, con piattaforme avanzate è possibile ottenere statistiche che vanno ben oltre i soliti parametri ( open rate, click rate, unsubscribe etc..) come per esempio l’indice di coinvolgimento un parametro qualitativo della bontà del proprio database.
Grazie! In questi gironi sto iniziando ad usare mailchimp e, oltre a ringraziarti per le utilissime dritte, imparare a leggere le statistiche mi ha consolato molto: ci ero rimasta male quando ho scoperto che solo la metà degli iscritti alla società sportiva per cui collaboro ha aperto la nostra mail, adesso mi sembra un risultato fantastico.
@Antonella :-)