Una delle cose più difficili che mi sia capitata di fare è stata tenere un webinar in diretta Periscope, invitata da Registro.it che, con la campagna “Un nome un sogno”, racconta storie di imprese che vanno online e contribuisce a diffondere le buone pratiche del digitale; difficile non tanto per il tema, di cui parlo a ogni pié sospinto, ma perché parlare a qualcuno che mi ascolta da lontano e di cui non posso osservare in diretta le reazioni e i segnali è una cosa che odio con tutto il cuore!
Avevamo preparato una traccia con una dozzina di domande, a cui se ne sono aggiunte poi altre da chi ha avuto la pazienza di ascoltarci in diretta; qui le risposte che avevo preparato, e sulle quali poi ho abbondantemente improvvisato a braccio.
Tutto il resto che c’è da sapere sull’email marketing lo raccontiamo in aula: improvvisare non solo è inutile, fa anche danni!
Il primo passo da fare è chiarirsi bene le idee su chi vorremmo avere nella nostra mailing list, perché, in base all’identikit della nostra buyer persona, cambieranno sia i dati che ci interessa raccogliere, sia la strategia per promuovere la newsletter e lanciare e far crescere la mailing list.
Chi sono le persone a cui vorremmo scrivere? Che cosa fanno? Quali sono i bisogni a cui possiamo dare una risposta? Quali abitudini, interessi, fonti di informazione li caratterizzano? Mettiamoci nei loro panni e, quando progettiamo il form di iscrizione e creiamo il piano editoriale, chiediamoci se, dal loro punto di vista, risultiamo interessanti tanto da darci il permesso di entrare nella loro inbox.
Avere un sito che offre qualcosa di utile: risposte, consigli, divertimento, informazioni che non si trovano da nessun’altra parte, o che, come le presentiamo noi, nessun altro sa fare. Se riusciamo a far scattare la molla del “questo è proprio quel che cercavo”, allora, nel momento in cui mostreremo la famigerata popup di iscrizione alla newsletter, le persone saranno contente di lasciarci il loro email.
Soprattutto, dobbiamo convincerli che si tratta di un vantaggio per loro, prima ancora che per noi: e questa convinzione deve poggiare su un valore reale, che risponda in modo convincente alla domanda “what’s in it for me?”
A quel punto, invece che chiedere “iscriviti alla mia newsletter”, saremo in grado di fare proposte decisamente più interessanti, tipo “leggi ogni settimana i nostri consigli di stile”, “ricevi in anteprima le offerte sui prodotti che ti servono”, “impara a usare i fogli di stile in 10 lezioni”.
Rispetto a qualche anno fa, ormai il ruolo dei blog è cambiato: se i blogger dei primi anni 2000 scrivevano molto spesso, anche solo per pubblicare un link o una foto con due righe di commento, oggi questo tipo di microcontenuti li affidiamo soprattutto a piattaforme social, prima fra tutte Facebook. Nei blog, tendiamo a scrivere meno spesso, ma sperabilmente quando scriviamo è perché ne vale la pena e abbiamo bisogno di uno spazio tutto nostro dove spiegare come si fa qualcosa, chiarire il nostro punto di vista in modo più articolato rispetto a un semplice commento, o raccontare una storia.
Se nel nostro blog scriviamo da una a poche volte al mese, e si tratta di post “densi”, probabilmente a una parte dei nostri lettori può far piacere o comodo ricevere i nostri post via newsletter; e questo dà a noi la possibilità di aggiungere alla newsletter anche contenuti di altro tipo, o call to action alle nostre offerte del momento.
Se invece scriviamo più spesso, può essere opportuno creare newsletter periodiche col sommario degli ultimi articoli, o distribuire in modo distinto articoli che trattano di temi diversi.
Oltre che importante, è un obbligo, perché dobbiamo sempre dare a chi ci legge le informazioni su chi è che gli scrive, e come mai riteniamo di avere il permesso di usare il suo indirizzo!
L’email marketing è uno dei canali di promozione che, se usato bene, dà risultati migliori, e una mailing list che cresce bene aumenta il proprio valore e i propri ritorni nel tempo.
Però i risultati non arrivano per caso o in automatico: una strategia efficace comporta costruire un piano editoriale, creare (o decidere a chi fare realizzare) contenuti validi, segmentare la mailing list (perché non è quasi mai una buona idea scrive a tutti le stesse cose).
È un investimento, ma, come tutti i lavori ben fatti, porta i suoi frutti.
Sicuramente presentarsi senza nemmeno un dominio proprio, né un sito, non dà esattamente l’idea di professionalità, serietà e solidità che in genere vorremmo trasmettere, soprattutto ai nostri clienti potenziali. Anche mandare una newsletter da un indirizzo email creato presso un provider generico, come può essere Libero o Gmail, è scarsamente professionale.
Il fatto di scegliere un dominio .it ci caratterizza immediatamente dal punto di vista dell’appartenza nazionale; questo può essere un valore in più, soprattutto se il nostro mercato è sensibile al valore del Made in Italy.
Come sempre, non esiste una risposta unica e valida per tutti, e la scelta della frequenza giusta è parte integrante della strategia. Dovremmo fare in modo di scrivere ogni volta che abbiamo qualcosa di interessante, originale e utile, e abbastanza spesso da non farci dimenticare; si spera che questo succeda almeno una volta al mese, altrimenti è segno che ci sono problemi un po’ più gravi della semplice newsletter…
Teniamo presente due fattori importanti: bilanciare bene le nostre energie, impegnandoci a scrivere con un ritmo che riusciamo a mantenere, e rispettare il tempo e l’attenzione dei nostri iscritti, cercando di arrivare nella loro Inbox davvero ogni volta con qualcosa che valga la pena di aprire.
Una newsletter è diretta, è intima, e ci consente di raccogliere molti dati su cosa davvero interessa a ciascun iscritto, per arrivare a scrivere non a un pubblico indifferenziato, ma a ciascuno quello che ha maggior probabilità di interessarlo. La newsletter è, come il sito, uno spazio interamente nostro, non soggetto alle regole, sempre variabili, decise da Facebook o Twitter.
Quelli in cui si vendono competenza e informazione aggiornata; gli ecommerce con un’offerta molto ampia e che si aggiorna spesso, o in cui è possibile rinnovare spesso promozioni e offerte; tutto il mondo delle associazioni e del non profit.
Il primo feedback lo danno i numeri: tassi di apertura, clic e conversioni, ma anche condivisioni della newsletter sui social network e i trend di nuove iscrizioni e cancellazioni. È fondamentale monitorarli, sia rispetto ai benchmark di settore, sia rispetto allo storico della nostra mailing list. Poi spesso arrivano feedback qualitativi importanti dalle risposte: evitare se possibile di mandare le newsletter da indirizzi noreplay@.
In quasi tutte le mappature delle customer journey, l’email accompagna le persone nel cammino dall’awareness all’acquisto, e anche oltre l’acquisto, giocando un ruolo importante nel customer care e nella fidelizzazione.
Io verifico spesso di persona, dalle analytics dei siti che seguo, quanto importante è il contributo del canale email, sia in termini diretti, cioè di acquisti che arrivano da un clic su una newsletter, che indiretti: persone che tornano più volte sul sito, portate dalla newsletter, e poi magari arrivano all’acquisto tramite un accesso diretto, o cercando il nome del sito su Google, ma dopo che era stata una serie di newsletter a far maturare il loro interesse e a convincerli un po’ alla volta.
Non lo penso affatto. Email marketing e social media marketing non sono in competizione fra loro, ma devono far parte di una strategia unitaria e coerente.
Se c’è qualcosa di superato, è credere che l’attenzione degli altri ci sia dovuta, e che possiamo disturbarli e tartassarli in ogni momento con le nostre richieste di attenzione, senza dare in cambio nulla.
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Ottimo articolo. L’e-mail marketing deve essere fatta in modo adeguato e dare ai nostri iscritti tutti i privilegi. Quindi scrivere contenuti di qualità e soprattutto creare un oggetto attraente così da poter invogliare il nostro iscritto ad aprire l’email e leggerla.