Tutti, prima o poi, sbagliamo. E, a volte, i nostri errori hanno conseguenze spiacevoli per qualcun altro (ad esempio, i nostri clienti), e queste conseguenze si ritorcono contro di noi.
La gestione degli errori / crisi / emergenze è sempre complicata dal fatto che, quando ci rendiamo conto di essere in torto, il nostro disagio spesso innesca meccanismi di difesa / contrattacco che non fanno che peggiorare la situazione.
Proprio per questo, riflettere “a freddo” su quale sia la strada migliore da prendere in caso di problemi può aiutarci, come una sorta di allenamento mentale che ci prepara ad affrontare l’imprevisto nel modo giusto.
Alcuni post che ho letto fra ieri e oggi parlano proprio di cosa succede, che fare e che cosa non fare, quando si sbaglia.
In “No problems, just opportunities”, TKO (società che fornisce servizi grafici di progettazione, esecuzione e allestimenti) racconta in modo estremamente franco e aperto un problema avuto nel corso di un lavoro. Un veicolo aziendale doveva essere interamente ricoperto e “brandizzato”, ma, al termine del lavoro, non tutte le superfici erano ricoperte e le pellicole adesive in alcuni punti facevano delle pieghe: insomma, un lavoro mal fatto.
Qual è stata la linea di condotta della società? Niente scuse o dilazioni o meline: gli installatori che avevano fatto il lavoro sono stati contattati per capire cosa aveva causato il problema (nota bene: non per un cazziatone, ma per capire cos’era andato storto e come far sì che la cosa non si ripetesse), nel frattempo il lavoro è stato rifatto (stavolta bene) a tempo di record, senza aggravi di spesa per il cliente, e, grazie all’indagine sulle cause (la mancanza degli attrezzi necessari per smontare e rimontare alcuni pezzi del veicolo prima e dopo la posa della copertura), si è posta particolare attenzione al fatto che tutte le squadre viaggiassero sempre con l’attrezzatura al completo.
Infine, il tutto è stato raccontato, in modo molto aperto (con tanto di nomi e cognomi del cliente, degli installatori e del manager di TKO) sul sito aziendale.
Risultato? Un cliente molto soddisfatto di come era stato gestito l’imprevisto (“We are all going to make mistakes from time to time, but it’s how we handle those mistakes that shows the character of an organization”), e nuovi ordini arrivati sia dallo stesso cliente, sia dalle referenze generate dall’episodio.
Josiah Mackenzie, nel suo blog Hotel Marketing Strategies, mostra un esempio perfetto di come si risponde a una recensione negativa: con gentilezza, in modo circostanziato, spiegando i motivi per cui alcune cose non sono andate secondo le aspettative del cliente, ma senza negare o minimizzare la delusione provata da quest’ultimo; e, infine, offrendo tutta la propria disponbilità per riparare.
Mi piace soprattutto il tono aperto e il linguaggio per nulla “ingessato” della risposta, che suona come una conversazione fra persone, non come un comunicato stampa di smentita ufficiale.
In “The Web has no Undo feature, a lesson from Sarah Palin”, Josh Bernoff, consulente Forrester Research e autore di Groundswell e Empowered, riflette sulle polemiche seguite alla sparatoria di Tucson (sei morti e diversi feriti gravi, fra cui la parlamentare democratica Gabrielle Giffors), e sulla presenza (nel sito della repubblicana Sarah Palin) di una mappa in cui i nomi di vari democratici, sostenitori della riforma sanitaria di Obama, sono indicati come “bersagli nel mirino”.
La mappa era stata inizialmente pubblicata su un sito del Tea Party, dal significativo URL takebackthe20.com: un sito interamente dedicato a come “eliminare” 20 deputati democratici favorevoli alla riforma sanitaria di Obama, sostituendoli con i loro avversari repubblicani.
Dopo la strage di Tucson, la Palin e i suoi seguaci si sono affrettati a sostenere che la metafora del “bersaglio” era, appunto, una metafora, da non prendere alla lettera, e il sito è stato cancellato.
Ma la cache di Google ha la memoria lunga, e peraltro la stessa mappa è ancora visibile sulla fanpage della Palin (da cui l’ho scaricata pochi minuti fa). E tutte le scuse di Palin e dei suoi sostenitori suonano come lo stridore di unghie sullo specchio.
Come scrive Bernoff,
Non potete cancellare qualcosa da Internet, anche se siete stati voi a metterglielo. E ogni tentativo di farlo non fa che peggiorare le cose. [..] Tutti facciamo errori. Quando succede, dobbiamo prendercene la responsabilità. Scusarci, e dire che abbiamo sbagliato. Spiegare perché abbiamo sbagliato, e cosa stiamo facendo per riparare all’errore.
Non c’è più un tappeto sotto cui nascondere la polvere, e io credo che questo sia, nella stragrande maggioranza dei casi, un gran bene.
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Fra l’altro l’idea dei “bersagli” l’hanno usata in precedenza anche i democratici (http://www.camilloblog.it/archivio/2011/01/10/target/), non per scaricare il barile ma per dimostrare che non è un’immagine a far sparare.
Fortuna che in Italia le armi non sono diffuse come negli USA perché altrimenti Tartaglia avrebbe potuto usare qualcosa di diverso dal Duomo di Milano.