Ho visitato Expo Milano durante una delle settimane più affollate dall’inaugurazione a oggi, e, nonostante io non ami grandi eventi, fiere e parchi divertimenti, sono contenta di esserci andata.
Qui i miei appunti; saltate pure le parti che non vi interessano, o limitatevi a guardare le figure se volete farvi un’idea prima (o invece) di andarci:
Si è trattato della più classica gita di famiglia, io, marito e figlio: abbiamo acquistato un biglietto cumulativo familiare a data aperta valido per due giorni, superando dopo vari smadonnamenti la farraginosa procedura d’acquisto riservata ai soci Coop, e qualche settimana fa abbiamo fissato la data della visita, decidendo anche di arrivare a Milano la sera prima e di aggiungere un ingresso serale di anteprima.
Nonostante le due giornate abbondanti a disposizione, non siamo partiti con la pretesa di vedere tutto, quanto piuttosto di farci un’idea generale della manifestazione senza accumulare troppo stress.
Abbiamo scartato a priori ogni padiglione che comportasse più di mezzora in fila, e questo ha significato rinunciare a molti dei più chiacchierati, ma non ne siamo affatto pentiti: non sono sicura che potrei sopportare quasi tre ore di fila nemmeno per stare un giorno dentro agli Uffizi, figuriamoci se ho voglia di farlo per una visita guidata allo stand del Giappone o degli Emirati, anzi ho molte perplessità sulla scelta di impostare i percorsi di visita secondo schemi fissi così impegnativi da costringere le persone a lunghissime attese.
Dei padiglioni più “quotati” abbiamo visto Nepal, Corea, Austria, e, grazie allo sfoltimento delle code causa pioggia, siamo saliti sulle reti sospese del padiglione brasiliano: divertente, ma nulla che valga di più dei 10′ di attesa che ci abbiamo messo per entrare.
Per il resto, abbiamo percorso il Decumano facendo spesso deviazioni laterali per ammirare le fantasiose architetture dei padiglioni dall’esterno, entrando nei padiglioni che ci incuriosivano, e cercando di tenere nostro figlio lontano dai vari shop di souvenir.
Dato che il nostro hotel era vicino alla tangenziale e, in tre, il parcheggio costava meno della metro, siamo andati in auto, scelta che magari non avremmo fatto in periodi di traffico urbano più intenso; in ogni caso, se ci andate in auto consiglio di prenotare il parcheggio in anticipo, conviene e andate a colpo sicuro. Anche qui, preparatevi a una procedura d’acquisto demenziale e farraginosa.
Dai parcheggi ai cancelli di ingresso ci sono i bus navetta gratuiti, utili per i parcheggi più lontani o se all’uscita siete molto stanchi.
Metro e treno portano invece direttamente all’ingresso Ovest, da cui si prende la lunga passerella che conduce al Padiglione Zero.
Nella seconda giornata, dopo essere entrati dall’ingresso Ovest abbiamo preso il bus interno (segnalato ovunque come People Mover) per farci portare all’estremità opposta del Decumano, e iniziare la visita da lì senza spendere le prime energie della giornata ripassando davanti ai padiglioni già visti. Il People Mover è comodo, ma in certi orari può essere molto affollato, soprattutto se lo prendete dal lato sbagliato (nella prima parte del percorso la mattina, dalla metà in poi verso sera).
Abbiamo provato il barbecue belga (buono, affrontabile come prezzi), quello dell’asado argentino (anche meglio!), il take away dell’Oman (spiedini d’agnello e sandwich di pastrami); ottimi gli hamburger di Street Burger, buoni anche se pesanti i fritti del padiglione Basmati, e Guido ha divorato con gusto la pizza Alce Nero (forse anche per merito della lunga attesa prima di averla); assolutamente consigliati anche i cannoli siciliani venduti allo stand di Cascina Triulza.
Insomma, non vale la pena portarsi il panino da fuori: i prezzi sono da località turistica in alta stagione (e in effetti Expo è una destinazione turistica in alta stagione), ma è possibile cavarsela anche senza svenarsi; inoltre, a differenza che in molte destinazioni turistiche, ci sono dappertutto aree in cui sedersi comodamente, spesso con un tavolino davanti, per consumare quello che avete comprato in giro.
Resto ancora un momento sul tema logistica e organizzazione, perché sono veramente stupita di come sia stato possibile – considerando i ritardi accumulati, la quantità di attori in gioco, la folla ai cancelli – mettere in piedi e far funzionare una macchina del genere.
In questo agosto da 100.000 ingressi al giorno, noi abbiamo trovato toilette pulite e sempre rifornite di sapone e carta igienica, strade e stand senza rifiuti, personale di servizio dappertutto, vaporizzatori per rinfrescarsi, fontanelle dell’acqua (liscia o gassata), zone relax con sedie, poltrone e materassi, fasciatoi in tutti i bagni, defibillatori, bus navetta, punti di ricarica per i cellulari: niente di eclatante, ma “normali” gesti di ospitalità e accoglienza.
Se gli aeroporti e le stazioni italiane fossero gestite come Expo, saremmo un paese civile: evidentemente è possibile.
Quanto alla visita, l’aspetto che mi è piaciuta di più è l’architettura: a parte alcune eccezioni, come l’Oman che sembra i gonfiabili di uno stabilimento balneare riminese, gran parte dei padiglioni sono quantomeno interessanti, e spesso decisamente spettacolari, per linee, volumi, uso dei materiali.
Dovendo scegliere fra stare fermi in coda e camminare alla ricerca di punti di vista insoliti, non abbiamo avuto dubbi, e abbiamo decisamente optato per la seconda alternativa; del padiglione italiano, ad esempio, abbiamo visto l’esterno e l’atrio, in cui si passava senza fare la coda, e tanto ci è bastato.
Anche alcuni dei piccoli spettacoli organizzati davanti ai padiglioni meritano una sosta, o rendono più piacevoli le attese in coda, soprattutto quando si gira coi bambini.
Ed è sempre bello fermarsi a guardare un artigiano che lavora: ce n’erano davanti allo stand dell’Ungheria e del Trentino, meglio loro dal vivo che gran parte dei video.
Non è tutto bello: ci sono anche dosi massicce di kitsch, a partire dall’Albero della Vita, tanto esagerato che è impossibile non mettersi a ridere.
Il tema della manifestazione, “Nutrire il pianeta”, viene declinato spargendo a piene mani retorica; sarà che in questo periodo mi sento particolarmente cinica ma dopo un po’ ho smesso di leggere i vari proclami, limitandomi a considerazioni puramente estetiche.
Alcune nazioni hanno spinto particolarmente l’acceleratore sulla propaganda: il caso più scandaloso è la Thailandia, con un video finale sul re che sembra una parodia dell’Istituto Luce, ma anche Israele e il Kuwait non scherzano, e la Grande Madre Russia, coi covoni di grano e l’esposizione di grafiche del socialismo reale, mette un po’ paura.
Altre, come la Slovenia, hanno completamente ignorato il tema “cibo”, trasformando il proprio padiglione in uno stand da fiera turistica: magari hanno avuto ragione loro, chissà.
Di fuffa ce n’è a pacchi, e anche di opere che si prendono tantissimo sul serio, con effetti a volte un po’ ridicoli. Nel padiglione austriaco devono aver dimenticato l’aggettivo “fritta” in uno dei pannelli, bisogna che qualcuno li avvisi.
(non tutti, eh, altrimenti la faccio troppo lunga)
Corea: effetto wow assicurato, molto bello il tavolo interattivo in cui vengono preparate le ricette collegate ai vari momenti dell’anno e si apparecchia la tavola per tutti i convitati, e le spettacolari installazioni di sculture e video.
Malesia: meh, la serra è per metà fatta di piante finte, il resto è grafica da sussidiari degli anni ’60, bello fuori ma dentro niente di che.
Polonia: bello il prato sul tetto, anche se sospetto che nei giorni più caldi le pareti a specchio lo trasformassero in un forno; dentro, un po’ di confusione, nella quale mi sono persa il cartone 3D che dicono sia molto carino. Pazienza.
Molto belli anche Francia, tutto in legno, Gran Bretagna, con l’alveare metallico, e Spagna, coloratissimo.
Il bosco dell’Austria è decisamente sopravvalutato, più che fornire aria si dà molte arie: ma se non c’è troppa coda, vale la pena fare una sosta in un fresco diverso da quello dell’aria condizionata.
Gli USA sono una delusione, gran profusione di pannelli interattivi senza un’anima, roba da fiera campionaria. Il padiglione vale giusto per la vista dalla terrazza panoramica.
Il Future Food District della Coop è un elegante esercizio di stile: non penso che i supermercati fra 10 o 20 anni saranno così, ma Coop ha realizzato uno spazio piuttosto bello, che, a quanto ne so (*), funziona anche in termini di vendite.
(*) Disclaimer: molte persone di Coop sono e saranno miei corsisti, e mi capita di sentirli e di farmi raccontare come sta andando.
Per chi lavora in comunicazione, osservare i modi più o meno felici in cui è stato interpretato il tema della manifestazione e fare ogni tanto un’immersione totale in un’esperienza pop è un’esperienza sempre interessante e istruttiva.
Come ogni cosa, però, non ve lo ordina mica il dottore, quindi se proprio non ne avete voglia suppongo che sopravviverete anche senza. Già siamo torturati dalla F.O.M.O., contro la quale combatto da tempo a colpi di “mark all as read” e prediche di ecologia della mente, figuratevi se sarò io a dirvi che proprio non ve lo potete perdere: siete grandi, decidete da soli.
Io sono contenta di esserci andata e di averci portato mio figlio; se mi capiterà di ripassare da Milano con un po’ di tempo non escludo di tornarci, e se abitassi in zona probabilmente avrei fatto il pass stagionale, per vedermi un po’ più di cose, un po’ alla volta.
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Mi piace il tuo modo di fare web marketing e ritengo interessanti le cose che dici. Il viaggio all’Expo lo condivido tutto, provato le stesse sensazioni
Il filmato propagandistico sul re, in Thailandia è una consuetudine ormai acquisita.
Sono stato al cinema 5 anni fa, a Bangkok e dopo i consueti trailer e pubblicità, prima dell’inizio del film, parte il filmato propagandistico reale, con tutti gli spettatori che si alzano i piedi ed assistono immobili alla proiezione.
Ciao Ale,
mi spiace non c’è l’abbiate fatta a vedere il padiglione Zero perché era l’unico per cui valeva fare una coda. Mentre aggiungo, per chi ancora non c’è stato una visita al padiglione dell’Angola: non tanto per l’architettura, quanto per l’impegno messo a raccontare il loro Paese (per me assolutamente sconosciuto) e per i bellissimi video delle donne professioniste angolane. Un abbraccio, Elen
@Claudia, grazie :-)
@Dema, mamma mia! Grazie della testimonianza, davvero sono convinta che sia importante capire come ciò che diamo per scontato da noi non è affatto tale in altre zone del mondo.
@Elena, Expo non è mica ancora finito, non escludo di tornarci – magari in un periodo in cui, nei giorni feriali, si riescono a vedere un po’ di padiglioni senza fare attese troppo lunghe.
grazie, questo post arriva ad hoc: ho appena prenotato la visita per il 31 e 1 con mia figlia e mi stampero’ senz’altro questa guida utile: come approccio, mi piace un sacco!