Il weekend scorso ho tenuto due giorni di lezione sul Social Media Marketing al MasterCom dell’Università di San Marino, e ho spiegato ai miei studenti che, al di là di tutti i motivi arcinoti per cui la cultura digitale aiuta le imprese (leggete questo bell’articolo del Linkiesta su Le occasioni perse del Made in Italy che non va online, o la storia di questo concessionario di automobili che, in mezzo alla crisi, grazie agli investimenti in tecnologia e formazione vende più di prima), c’è un altro motivo per cui considero il digitale un’opportunità straordinaria: perché costringe gli imprenditori a fermarsi e mettersi a pensare.
Molti dei nostri imprenditori hanno lavorato per decenni testa bassa senza farsi troppe domande, perché tanto il mercato tirava. Ora, in una realtà che è già cambiata e continua a cambiare, sono obbligati a ridefinire il proprio modo di lavorare e rimettere a fuoco in cosa consiste il valore che possono offrire e chi è disposto a pagare per averlo.
Portando avanti questa riflessione ho citato il Business Model Canvas come framework di analisi di un’idea imprenditoriale o di un nuovo servizio o prodotto. Se non ne hai mai sentito parlare, il BMC scompone l’idea di business mappandone value proposition, clienti, canali, tipo di relazione, strumenti e risorse, attività chiave e partnership, per derivarne la struttura di costi e ricavi: l’analisi aiuta a mettere a fuoco cosa manca e le aree di possibile sviluppo (per saperne di più, leggi Creare modelli di business di Alexander Osterwalder e Yives Pigneur).
Mentre disegnavo alla lavagna, la mia testa ha iniziato a collegare per conto suo altri puntini, disegnando un’analogia molto forte fra i concetti chiave del BMC e i passi necessari per costruire un piano editoriale efficace, da declinare online attraverso il proprio blog, gli oupost aziendali sui social media, la newsletter. Il risultato dei miei pensieri serali e notturni è stato questo schema, che, dato che ormai è Natale, chiamerò “il panettone del piano editoriale”.
Le fette del panettone non riproducono tutte le caselle del Business Model Canvas, ma ne semplificano un po’ lo schema; vediamo gli ingredienti uno ad uno.
È l’ingrediente indispensabile del tuo piano: cos’hai da offrire? Consigli e informazioni per vivere/lavorare meglio? Qualcosa che mi farà fare bella figura con gli amici, i colleghi, il mio capo? Divertimento? L’occasione di mettermi in gara, di vincere qualcosa, di guadagnare visibilità? Valori che mi stanno a cuore? Occasioni di partecipazione?
Se non hai niente che migliori la vita di qualcun altro, puoi fare a meno di preparare la torta, nessuno l’assaggerà.
Le persone sono l’altro elemento centrale da mettere a fuoco. Indagale, interrogati sulla loro vita e sulle loro abitudini, scegline alcune e tracciane l’identikit, costruisci le tue personae e chiediti, per ogni pezzo di contenuto che ti viene in mente di pubblicare, “A chi di loro può interessare? Cosa diranno trovandoselo davanti? Avranno voglia di metterlo da parte, usarlo, condividerlo con gli amici?”.
Se non ci sono persone interessate alla tua Value Proposition, o se non le conosci abbastanza bene da sapere qual è il modo giusto per entrare in risonanza con loro, lavorerai a vuoto.
[grazie a Mafe de Baggis che mi ha suggerito di ragionare in termini di “ambienti” invece che usare il termine “canali”] Quali sono gli ambienti in cui ha senso abitare, portare contenuti, ascoltare? Il tuo blog? La newsletter? I social media, e quali? Tumblr? E l’offline (punti vendita, confezioni, affissioni, eventi)?
Questa scelta è una conseguenza della natura dei tuoi contenuti e delle abitudini delle persone che vuoi contattare, e, dato che i budget non sono mai infiniti, devi capire dove ti conviene investire.
Ciò che fai ha un impatto visivo forte? Potrai usare con vantaggio piattaforme che danno risalto alle immagini, scegliendo fra quelle dove è più probabile incontrare le tue personae. Hai contenuti profondi, densi, complessi? Li sviscererai nel tuo blog, li racconterai in pillole video, li riassumerai con delle infografiche, userai Twitter per rilanciarli e la newsletter per mandarli a chi non vuole perdersi nulla. Il tuo racconto può essere sgranato in frammenti? Usa Twitter, e, se alle parole puoi associare immagini, anche Instagram, e raccogli il tutto su Pinterest. E così via…
Qual è il tipo di rapporto che crei con le tue personae? Intimo, colloquiale, o più distaccato e professionale? Tornano spesso da te, o passate lunghi periodi senza sentirvi? Li aiuti a scegliere prima dell’acquisto? Li assisti anche dopo che hanno speso i loro soldi con te? Vi capita di ridere insieme? Vi incontrate qualche volta offline? Si fidano di te? Perché dovrebbero farlo? C’è qualcosa che ti rende unico, che ti distingue da tutti gli altri che offrono le stesse cose che offri tu? (suggerimento: non è cosa fai, ma come lo fai, e ciò che si intuisce del perché lo fai)
Ora entriamo nel concreto: è il momento di mettere in fila le cose da fare. Attenzione: è facile confondere le attività con la Value Proposition, ma non si tratta della stessa cosa! Le attività sono la parte operativa del tuo piano, il decidere, ad esempio, che:
Mettere su carta tutte queste attività ti genererà altrettante ToDoList da rispettare, perché ci saranno testi da scrivere e da rivedere, foto da scattare, video da progettare, girare e montare, post da pubblicare, e così via.
Ricorda che non ci sono solo le attività legate al parlare, ma anche quelle collegate all’ascolto: leggere i commenti, raccogliere e interpretare i feedback, rispondere ai messaggi. Se non le metti in conto, o, peggio, le trascuri, la natura della relazione che crei sarà inevitabilmente peggiore.
Insieme alla ToDoList compilerai la checklist delle attrezzature, risorse e persone (collaboratori interni e professionisti esterni) di cui hai bisogno per portare a compimento le attività che hai pianificato. Le hai già tutte a disposizione? Tutti coloro che sono coinvolti sanno qual è il loro obiettivo, cosa devono fare, e a chi devono riferire?
Le risorse e l’uso delle piattaforme determinano dei costi: mettili in fila, considerando, oltre ai costi vivi, anche il tempo e l’energia necessari per portare avanti il tuo piano.
Che risultati ti aspetti? Vendite? Miglioramento della tua reputazione? Diminuzione del costo per l’assistenza ai clienti? Come intendi misurarli?
Quando ci viene chiesto di mostrare il ROI di una campagna, o di una strategia social, o di un piano di email marketing, tendiamo ad appiattire le nostre considerazioni sul misurare – per quanto possibile – le proporzioni delle due “fette” alla base del panettone: i risultati ottenuti e quanto ci è costato il tutto.
Ma, per capire perché le cose sono andate in un certo modo e, ancor di più, per progettare il successo, dobbiamo tenere in considerazione tutto il resto, a partire dalla relazione fra valore e persone.
E quando insisto sul tenere in considerazione le persone e coltivare una relazione ricca e positiva con loro, non lo faccio perché è quasi Natale e intorno al panettone dobbiamo tirar fuori i buoni sentimenti: le persone sono capitale economico oltre che sociale (pensa solo a quanto costa in più trovare un nuovo cliente rispetto al mantenerne uno già acquisito).
Quindi, al lavoro – ah, leggiti anche il post in cui Mafe commenta tutti i piagnistei recenti sul fatto che Facebook diminuisce la visibilità delle pagine, non ci si può più promuovere gratis, tocca pagare per sponsorizzare i contenuti: è perfetto.
4 commenti a “Un framework di analisi per il tuo piano editoriale online”
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