Leggo per caso via Facebook un post in cui Antonio Ficai, sviluppatore web, citando a supporto delle sue tesi il mio speech su “i conti della serva”, argomenta sconsolato che “questo non è un paese per freelance” e dichiara che un freelance “per guadagnare 1000 deve fatturare 4000”.
Seguono commenti altrettanto catastrofici, in cui si mettono insieme tasse sul reddito, IVA, contributi, costi fissi e variabili, in un minestrone confuso dalla cui lettura ricavo una netta conclusione: non solo la maggior parte di chi commenta non è in grado di lavorare da freelance, ma se io fossi un ipotetico datore di lavoro avrei qualche perplessità anche nell’assumerli come dipendenti.
Normalmente evito di infilarmi in queste discussioni, ma, visto che vengo chiamata in causa nel post, ci tengo a chiarire il mio pensiero in merito.
Lo spirito del mio speech sul farsi i conti in tasca e le motivazioni che mi spingono a organizzare insieme a Miriam e Gianluca il Freelancecamp vanno nella direzione diametralmente opposta alle conclusioni a cui giunge Antonio, di cui non condivido né le raccomandazioni, né l’elenco delle cosiddette “ingiustizie”, né i consigli.
Qualunque lavoro tu faccia, hai mai pensato a quanto costa produrre il tuo reddito?
Mettiamo che tu sia un dipendente; una di quelle mitiche figure coperte da ogni genere di tutela, della cui esistenza si favoleggia nei consessi di freelance insonni, e che tu riceva ogni mese uno stipendio di 1500 euro al mese netti in busta paga.
Questi soldi corrispondono, per il tuo datore di lavoro, a un costo annuale che comprende molte componenti – parlo con cognizione di causa, perché sono stata imprenditrice con dipendenti:
Questo vuol dire che, per guadagnarti uno stipendio di 1500 euro al mese come dipendente, devi far produrre alla tua azienda molto, molto di più. Sei in grado di generare valore vendibile per almeno 6000 euro al mese – media fatta considerando anche i periodi in cui sei in ferie o malattia? Vale la pena di darti lavoro. Non sei in grado? Ciao, non sono la tua mamma e non ho obbligo morale di mantenerti (ndr, passati i 20 anni non ce l’ha neanche la tua mamma).
Quando lavori come freelance, funziona esattamente nello stesso modo, e nemmeno i tuoi clienti da freelance sono la tua mamma.
La differenza, rispetto al lavorare da dipendente, è che sei tu stesso responsabile della direzione che vuoi prendere, con tutti gli oneri e gli onori del caso: hai margini di scelta molto più ampi del dipendente, che non può metter bocca nelle strategie aziendali, e, in cambio, “rischi del tuo”.
I soldi che fatturi corrispondono al valore che il cliente percepisce di acquistare pagando il tuo lavoro: con la complicazione che devi tu stesso “venderti”, cioè far percepire quel valore. E il valore del tuo lavoro non sta in tutti gli anni che hai studiato per imparare a farlo, perché, appunto, non è la tua mamma: l’unica cosa di cui gli cale sono i vantaggi che ottiene dal lavoro che tu gli fai, altrimenti i suoi soldi li spende in un altro modo.
Quando incassi, non incassi il tuo stipendio: incassi dei soldi che vanno in parte a pagare il tuo stipendio, in parte le tasse, i contributi, i costi strutturali e di burocrazia, la formazione che ti permette di continuare a “fornire valore”.
Sono sicura che il tuo commercialista te l’ha detto, quando hai annunciato di volere aprire la partita IVA. Forse hai dimenticato i suoi ammonimenti, compreso quello che “il primo anno le tasse saranno basse, il secondo ti arriva la batosta”. È così, il secondo anno arriva la batosta, e se hai speso tutto l’incasso pensando che fossero soldi tuoi hai fatto male i conti.
Quanto alla questione “correr dietro ai clienti per farsi pagare”: all’inizio del lavoro hai messo giù due righe di contratto, chiarendo cosa avresti fatto, cosa no, e i termini e modalità del pagamento? No? Hai sbagliato. Impara dai tuoi errori, e inizia a lavorare meglio.
Come dico nel mio speech sui conti della serva, la cosa principale che devi capire è:
Una lettura illuminante in questo senso è Business model you, che ti aiuta a mappare le tue potenzialità e a indirizzare le tue strategie di sviluppo personale.
Poi che il carico fiscale italiano sia esagerato e non corrisponda a un livello di servizi dignitoso, che la copertura previdenziale delle partite IVA sia ridicola rispetto ai contributi pagati, è tutto vero; ma se anche vivessimo in un paese col prelievo fiscale degli USA e i servizi della Svezia, se non sei capace a fare i conti dubito che potrai ambire a qualcosa di più che una stentata sopravvivenza.
Qui il mio intervento, con le regole base per definire le proprie tariffe e non finire in bancarotta; qui il foglio Excel con le formule che ho usato.
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Avevo visto il tuo speech e poi letto il post di Antonio e francamente avevo tratto le stesse conclusioni, solo che a differenza tua, non essendo stato chiamato in causa e leggendo il tenore dei commenti, mi sono astenuto dal fomentare una discussione che avrebbe solo potuto generare flame e incomprensioni. Per fortuna mia hai risposto tu :D
Penso che in buona parte sia questione di approccio. Ci sono tanti freelance che vorrebbero (e dovrebbero) fare i dipendenti ma per scelta o, ahimè, obbligati si ritrovano in una condizione che non sono in grado di gestire. Il primo passo per migliorare la propria condizione penso sia prenderne atto e da lì cominciare a rimboccarsi le maniche per migliorarla. Studiando, aggiornandosi, confrontandosi e lavorando sodo. Certo, la sfiga esiste, ma molto spesso un lavoro portato avanti con passione e serietà dà i suoi frutti. Talvolta in tempi medi altre in tempi brevi.
Viviamo in un’epoca ricca di opportunità da sviluppare in cui la serietà professionale spesso latita ma questo per quanto sia un fattore negativo per il Paese è anche un bene per quanti imparano a muoversi nel mondo del lavoro in maniera seria. Alla fin fine ti ritrovi con meno concorrenti del tuo stesso livello. Se riesci a far trasparire dalle tue azioni che non sei “il solito scappato di casa” il lavoro arriva.
grazie Alessandro, il senso del mio post è proprio che prendere atto della realtà e smettere di raccontarsi delle favole è un passo indispensabile. E sono convinta che sia alla portata di quasi tutti – oggi il “non me l’hanno insegnato a scuola” non è più una giustificazione valida.
Condivido in pieno, l’avevo fatto già notare nei commenti su FB, l’altro post è solo uno sfogo demagogico, che non serve a niente se non a distruggere il morale di chi cerca di portare avanti un proprio percorso professionale. Grazie, Alessandra. Ciao, Federico
Certo che, tra 14 mensilità, tfr, sei settiane di vacanza e quasi impossibilità di essere licenziato, un dipendente italiano è messo veramente bene.
Marco, però è anche vero che è molto difficile fare carriera, gli aumenti sono rari e la quasi impossibilità ad essere licenziato è ormai stata superata “brillantemente” con un bel “ti chiudiamo direttamente l’azienda”.
Il vantaggio di un freelance è che, sempre con il dovuto impegno/capacità e un pizzico di fortuna, si ha la possibilità di migliorare la propria condizione economica. E’ una questione di prospettive
Certo, scusa, non ho precisato: stavo pensando al confronto con altri Paesi, dove non esiste tfr o 14esima, le settimane di vacanza sono 4 e puoi essere licenziato con tre mesi di preavviso.
Vero, tra l’altro penso sia proprio una delle cause della mancanza di competitività a livello internazionale. Ci sono persone che rendono bene a prescindere dalle condizioni e altre che se non stimolate si siedono. Credo che di seduti ce ne siano tanti anche a causa di una certa (presunta) tranquillità. Comunque è un discorso lungo, articolato e che richiederebbe mille distinguo per poter non essere affrontato in modo qualunquista. Meglio che mi fermi qui :D
Concordo con la necessità di fare i conti e di applicare prudenza nella gestione degli introiti. Ma rivendico il sacro e intoccabile diritto di lamentarmi se una cosa non mi va bene!!! Specie se la mia lamentela è rivolta ad un sistema che era già così prima ancora che io iniziassi a votare. Che tutto dipenda da noi è una bufala colossale. E che si debba fare marketing di se stessi è una stortura del nostro tempo. Se a voi a scuola hanno insegnato il marketing di se stessi e i modelli di business, siete semplicemente stati fortunati. Beati voi. C’è gente che mentre voi stavate imparando quelle cose, stava imparando altre cose, ugualmente nobili e importanti… ma che adesso servono meno.
Direi anche: impara a non svenderti invece che lamentati. Molti i conti li sanno anche fare, ma sono incapaci di fare una trattativa e di qualificare il cliente.
Concordo appieno. Anche io sto per entrare nel favoloso mondo dei freelance e ho un passato da imprenditore. Tuttavia sono convinto, e non temo di essere smentito, che tasse, contributi e burocrazia in Italia siano un tantinello esagerati, e questo rende il bel paese un luogo in cui fare i freelance o fare impresa è economicamente complicato.
Brava Alessandra!
Come sempre sintetica, precisa e pragmatica.
Aggiungo alcune mie considerazioni:
Molti “freelance” non capiscono che la professionalità non è “smanetto quindi imparo” ma è costruita con la formazione e devi leggere, frequentare corsi, condividere, aggiornarti. Se giri per blog e forum dedicati ad argomenti di web marketing spesso leggi “ho preso un cliente che… ho fatto cosi e cosi… secondo voi ho sbagliato?”, povero cliente.
La matematica non è un’opinione 20 Euro l’ora non coprono le spese quindi… se fai il professionista freelance non puoi fermarti di fronte al fatto che un servizio, un plugin o un template costano 100$ e non sono gratis, ho visto persone cercare una soluzione per giorni pur di non spendere pochi dollari. (inventare l’acqua calda costa!).
Molti “freelance” mancano di formazione imprenditoriale, di formazione professionale e spesso dell’umiltà di saper riconoscere i propri limiti.
Il sacro diritto a criticare e lamentarsi. Se una cosa non vi va, sentitevi liberi di incazzarvi: http://aliprandi.blogspot.it/2014/08/diritto-criticare-lamentarsi-incazzarsi.html
Alessandra, ho letto male io oppure non consideri nemmeno nei conti la remunerazione del capitale impiegato per pagare il dipendente e gli utili. Se tieni conto di quelli le cifre necessarie a sostenere il dipendente e il freelance aumentano di parecchio
@Lorenzo, hai ragione, ho scritto il post di getto e non ho considerato anche questo fattore. Naturalmente il capitale deve essere remunerato, e, aggiungo, questo vale anche per il lavoro autonomo.
@Simone, io a scuola ho studiato tutt’altro che “il marketing di se stessi”, che peraltro è un’espressione che non amo. Le cose che più mi sono servite sono l’italiano (buone letture e imparare a scrivere bene), la matematica (fare i conti), e l’approccio scientifico (non a caso all’università ho studiato biologia). E, soprattutto, a scuola ho imparato a studiare, cosa che continuo a fare nonostante siano passati 30 anni dal mio diploma e 26 dalla mia laurea. Nel 2014, “non c’era mica sul programma scolastico” è una scusa ridicola.
Scusate, ma a nessuno viene in mente che se per guadagnare 1000 uno deve fatturarne 4000, o se un dipendente che prende 1500 deve produrre per l’azienda 6000, c’è qualcosa che non va a monte, a prescindere da ogni altra considerazione specifica del freelance?
La realtà è che metà di quel 75% di costo che grava sul lavoro è assolutamente ingiustificato.
A meno che non si sia d’accordo che il furto, la vessazione, con conseguente spreco parassitario, siano giustificabili e accettabili.
Finché non ci si renderà conto che è lo stato italiano ad essere la causa prima della distruzione di ricchezza, e del soffocamento sul nascere di qualunque spinta imprenditoriale (un freelance è comunque un imprenditore di se stesso), si continuerà ad essere schiavi di un padrone.
Contenti voi.
Se per aver netti 1000€ devi fatturarne 4000, c’è qualcosa che non va. Come prima cosa cambia commercialista.
Evito anch’io di entrare in discussioni del genere, anche perchè molte di queste situazioni sono troppo specifiche per essere discusse nella pubblica piazza del web… e mi fa un certo effetto vedere chi sa soltanto lamentarsi senza essere propositivo. E credo che queste persone farebbero bene a risolvere concretamente i propri problemi piuttosto che affidarli ad uno sfogo, ad un video che magari diventa pure virale e quello che vogliamo, ma poi… cosa cambia? Ecco perchè mi astengo da commenti anch’io, se non fosse che adesso ho forse capito una cosa: quelli col dente avvelenato sono spesso i freelance per costrizione, cioè ex dipendenti licenziati e/o riassunti con l’obbligo di farsi P IVA… e che della stessa non percepiscono, anzitutto a livello di mentalità, credo, i vantaggi che se ne possono trarre.
Se fosse davvero così, ed è una mia semplice ipotesi, intendiamoci, sarebbero situazioni in cui – a livello generale – è normale vivere malessere, perchè sono due mentalità contrapposte per troppi aspetti, ed è naturale soffrire l’una in presenza dell’altra.
Tutto farei tranne che lamentarmi, adesso… certo è dura, la burocrazia è spesso difficile da approcciare, il lavoro a volte latita, ma non lo scopro io.
Del resto vengo da una situazione opposta, da programmatore precario in ambito IT a freelance, pagato una volta sì e due no, in media, decido di cambiare rotta, nonostante il terrore fiscale instillatomi da certuni senza saperne nulla, spesso anche commercialisti… e adesso, dopo 4 anni, dico sempre che mai e poi mai tornei indietro. Quando leggo certi conti apparentemente sballati (1000 per guadagnare 4000, per capirci, ma è solo un esempio) vuol dire che il tuo commercialista sta facendo una certa confusione, come notano qui sopra. E ce ne stanno di commercialisti confusi in giro…
BRAVA! Era ora che qualcuno lo dicesse. Oramai tutti puntano il dito sullo Stato brutto e cattivo, mentre IN PRIMIS dovrebbero guardarsi allo specchio e chiedersi se davvero non siano stati loro ad aver sbagliato qualche cosa.
Con tutto il rispetto per le opinioni altrui, quando leggo discorsi sui privilegi dei lavoratori dipendenti, sento odore di guerra tra poveri, anzi, mi viene in mente l’adagio “prendersela con il cane e non con il padrone”. Non vedo come – visto che si citano “altri paesi” – una manciata di giorni di ferie in meno potrebbe contribuire a migliorare la situazione. Il licenziamento “facile” ? Magari prima andiamo a vedere se nei paesi in cui è applicato è più facile trovare lavoro una volta rimasti a casa … Il punto chiave, che vale sia per lavoratori dipendenti e non, è che bisogna lavorare meglio, non necessariamente di più o con meno privilegi.
Sono d’accordo con Mattia: il dipendente non è un privilegiato. Dipendente o freelance sono scelte o non-scelte, con pro e contro.
Ogni pro e contro è peraltro una valutazione puramente personale. La botte piena e la moglie ubriaca pare che non si possa.
Dunque scegli il tuo fine personale e raggiungilo con il mezzo che ti sembra migliore. Se non lo raggiungi o hai sbagliato mezzo o non stai facendo bene.
A me sembra ci sia un equivoco di fondo. Non si sta discutendo della capacità professionale o meno di un free lance ma della eccessiva pressione fiscale.
Anche se tu fossi il più bravo professionista a operare sul mercato, con le migliori capacità di gestire il budget, mi sembra assurdo che per riuscire ad avere un netto di € 1.700 al mese devi fatturarne 85.000 l’anno! (conti reali)
Anche perché questo comporta non riuscire a crearsi un “castelletto” a garanzia per malattie e imprevisti vari. Mi viene da sorridere poi leggendo le dichiarazioni di chi dice “dovete farvi i conti”. Ma come si fa a fare i conti se ogni mese cambiano i rapporti tra il fisco e gli italiani?
Che tipo di proiezioni attendibili si possono fare in un Paese dove le norme tributarie cambiano a ogni battito di ciglia?
Sarei curiosa di sapere se la signora autrice dell’articolo paga l’INPS nella gestione separata o meno…
Salve, sono un architetto e da poco ho realizzato una piattaforma outsourcing Made in Italy: http://www.archiprofile.it
Nasce da un’associazione di professionisti che, in questi anni, hanno maturato una lunga esperienza di lavoro su portali simili (freelancer, elance, guru ecc.), valutando e cercando di risolvere quelle che, a nostro avviso, sono le grandi falle di questi sistemi: nessun controllo sul ribasso delle offerte, sulla qualità del lavoro e sull’uso di costi di abbonamento e commissioni spropositate a carico dei professionisti.
Archiprofile è una piattaforma dedicata alla progettazione e all’edilizia dove architetti, ingegneri, grafici, imprese e artigiani possono incrementare le opportunità di lavoro attraverso un sistema di appalti on line, creando un network d’imprese o vendendo files e prodotti sul nostro Marketplace.
Queste la grandi novità: controllo costante sia sulle offerte e che sulle proposte economiche, nessun costo d’iscrizione, nessun abbonamento e, soprattutto, nessuna commissione sui lavori a carico di professionisti e clienti. Come guadagnamo? Semplicemente continuando a fare i professionisti. Vi aspettiamo. Grazie