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Ho fatto shopping da Louis Vuitton, ma #èperlavoro

Scritto il 17/06/2014
  • Digital Marketing

[ovviamente il titolo è una pietosa bugia: la versione corretta sarebbe stata “ho fatto shopping da Louis Vuitton senza averlo deciso prima (cit.) ma ci ho fatto su alcune riflessioni che hanno a che fare col mio lavoro – e, comunque, mi sono divertita molto”]

Giovedì scorso ero a Venezia, dove con Miriam Bertoli e Gianluca Diegoli abbiamo fatto due giornate di Digital Update.

Ne ho approfittato per regalarmi una giornata in giro per le calli in compagnia di Anna Turcato, a fare un po’ di shopping e scoprire meravigliose botteghe artigianali: non quelle che ti rifilano paccottiglia made in Taiwan, ma miniere nascoste di oggetti unici, che uniscono la sapienza materiale di secoli di storia a una contemporaneità assoluta – ma di questi parlerò dopo.

Dato che eravamo “di strada”, Anna mi ha detto che all’Espace Culturel Louis Vuitton era possibile visitare la mostra del fumettista giapponese Jirô Taniguchi; così abbiamo deciso di interrompere lo shopping e dedicare mezzora all’arte.

La Maison Louis Vuitton ha sede in un ex cinema-teatro, fatto oggetto di un impeccabile restauro: e altrettanto impeccabile è l’accoglienza, con silenziosi assistenti in divisa che vi accolgono con un inchino e ogni dettaglio curato come ci si aspetta in un tempio del lusso.

L’Espace Culturel è una sala luminosa all’ultimo piano, che oltre alla mostra ospita una selezione di libri curatissima con in primo piano i volumi della collana Travel Books: sei collezioni di memorie di viaggio commissionate ad altrettanti artisti contemporanei, che raccontano per immagini alcuni luoghi di particolare suggestione. Il lavoro di Jirô Taniguchi, dedicato a Venezia, è l’ultimo della serie.

A me l’idea di una maison del lusso che si fa anche casa editrice e, avendo come oggetto-icona della propria produzione valigie e bauli da viaggio, costruisce il suo piano editoriale sui racconti dei luoghi, è davvero piaciuta moltissimo. Dato che i libri sono effettivamente tutti molto belli e il loro prezzo è abbordabile, ne ho scelto uno: non Venezia, mi perdoni la mia ospite, ma Londra, città che amo e che è stata magistralmente interpretata da Natsko Seki.

Travel Book London Natsko Seki

In realtà, mi solleticava la tentazione di comprare qualcosa da Louis Vuitton: il budget per una borsa a tracolla non ce l’ho, ma 45 euro per un libro molto bello me li posso permettere, e nel frattempo togliermi lo sfizio di giocare a fare la cliente Vuitton solleticando la curiosità della mia timeline Twitter e Facebook.

E davvero l’esperienza d’acquisto è stata molto gratificante, grazie anche a un’addetta alle vendite elegante e gentilissima che mi ha assistita e ha risposto alle mie domande sul progetto dei Travel Books senza palesare la minima punta di snobismo. Quando alla cassa mi ha chiesto se volevo lasciare il mio indirizzo email, ho colto al volo l’occasione per continuare il test e curiosare un po’ sull’uso che fa Vuitton della posta elettronica: #èperlavoro, no? ;-)

Ahimè, con mia somma delusione il messaggio post-acquisto della Maison (arrivato lunedì pomeriggio) non è all’altezza del resto:

Dopo la Sua visita Louis Vuitton

Le mie considerazioni sotto.

  • Oggetto (“Dopo la Sua visita…”) apprezzabile; personalmente odio la maiuscola reverenziale del Sua, ma è in linea con gli inchini al passaggio degli illustri clienti, e da LV non mi aspetto certo un linguaggio friendly.
  • Anteprima (“Se non riesce a visualizzare completamente questo messaggio, cliccare qui”) è scritta in cattivo italiano: “cliccare qui”? E perché sprecare lo spazio prezioso dopo l’oggetto per un messaggio di servizio? Io avrei anticipato direttamente il contenuto del messaggio, scrivendo ad esempio “ci interessa la Sua opinione“.
  • Incipit (“Caro Cliente“) completamente sbagliato. Ma come, mi avete preso l’indirizzo email di persona, sapete come mi chiamo e che sono una donna, e mi chiamate “Caro Cliente”, maschile e neutro? Che pigrizia! Io voglio essere chiamata “Luminosa Alessandra”, come minimo!
  • Linguaggio, in genere: pesante, macchinoso, troppi congiuntivi affastellati uno sull’altro: e poi, invece di usare l’orribile espressione “rendendo l’esperienza nei nostri negozi orientata sempre più ai nostri clienti”, perché non parlare come esseri umani scrivendo qualcosa come “per farla stare sempre meglio quando verrà a trovarci”?
  • Call to action (“Louis Vuitton La ascolta”) che non sembra una call to action, e nemmeno un link.
  • Aspetto, in genere: banale il font, triste la foto.
  • Questionario pesissimo, cinque videate di domande, che lasciano un lieve senso di malessere come se da una risposta sbagliata potesse dipendere il licenziamento dell’addetto alle vendite. Semplificare, alleggerire, sorridere.
  • Nemmeno un saluto. Nessuno a cui rispondere, se non un numero di telefono.

Insomma, miei cari, potete migliorare! Sono sicura che la vostra cliente media acquista da voi perché siete voi e a prescindere dalla bontà dei vostri messaggi, ma, in quanto icona del lusso e della cura dei dettagli, non potete cadermi su queste cose: voglio sentirmi immersa in una nuvola di perfezione dall’inizio alla fine.

Post scriptum: tornando agli artigiani italiani, mi sono portata via da Venezia un paio di storie meravigliose, tutte costruite con le conterie veneziane, le perline in vetro di Murano che ormai nessuno fa più e che gli artigiani più autentici hanno acquistato dalle vetrerie che chiudevano, facendone scorte che prima o poi finiranno.

La prima storia è una collana rossa di Attombri, perfetta da indossare durante il mio speech sulle passioni a SOTN14. Questo laboratorio ha uno stile così particolare che durante il viaggio di ritorno, alla stazione di Ferrara, una ragazza veneziana che aspettava insieme a me il treno per Ravenna mi ha rivolto la parola chiedendomi conferma che l’avessi comprata da loro, ed è uscito fuori che lei conosce la persona che me l’ha venduta: i gradi di separazione sono davvero pochissimi!

passioni - il mio speech a SOTN14

La seconda storia è l’arte delle impiraresse, le donne veneziane che infilavano le conterie: la racconta Marisa Convento, che mi ha accolta nel suo negozio-laboratorio facendomi trascorrere un’ora meravigliosa in cui mi ha spiegato tecnica e storia della sua arte.

impiraressa Marisa Convento

Marisa mi aspettava, e – con mia grande sopresa – aveva preparato per me un regalo, una meravigliosa perla in vetro di Murano (“colore alessandrite”) che ho subito eletto fra i miei gioielli preferiti.

perla di vetro di marisa convento

E ora, aspetto con impazienza l’arrivo di un altro gioiello, che le ho ordinato scegliendo io stessa il colore delle conterie: uno dei rami di corallo per cui è famosa Marisa (ne vedete di bellissimi, di ogni colore, nelle foto della sua pagina Facebook). Ecco, Marisa è uno di quegli artigiani con un sito orribile, che non rende minimamente l’idea della bellezza delle sue creazioni, una che porta avanti il suo negozio da sola e pensa di non aver tempo per prendersi una giornata e seguire un corso, ma che noi dobbiamo trovare il modo di far distinguere e venire alla luce, perché sono questi tesori che ci fanno dire che #thegreatbeauty in Italy is everywhere.

 

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10 commenti a “Ho fatto shopping da Louis Vuitton, ma #èperlavoro”

  1. Alessandro Luigi Scalise ha detto:
    18/06/2014 alle 10:26

    Sto ancora sorridendo.. grazie al tuo modo di scrivere ironico, leggero, chiaro e solare sei riuscita a mettere in luce aspetti assolutamente negativi dell’operato di un brand del lusso come Louis Vuitton.
    L’intera esperienza d’acquisto deve essere unica ed indimenticabile! Ricevere una email del genere, poco curata dal punto di vista grafico e dei contenuti, inficia tutta la soddisfazione che hai provato durante la permanenza nel punto vendita.. e l’email neutrale mi da quella sensazione di “commercialità”..

  2. lara ha detto:
    18/06/2014 alle 11:45

    Che bello leggerti Alessandra! questa newsletter è un invito al viaggio!!!!
    Mi sa che andrò a Venezia al più presto e farò tappa alla mostra e al negozio laboratorio di Marisa. [esperienza pre-acquisto]

  3. paola scattolin ha detto:
    18/06/2014 alle 12:19

    Alla fine il post vendita migliore è stato quello dela bottega artigiana rispetto a quello della famosa casa di moda… la signora Marisa Convento ti ha fatto un regalino e ha cercato il colore adatto a te (alessandrite)… [grandiosa esperienza post-acquisto]

  4. ornella ha detto:
    18/06/2014 alle 12:19

    Spassossima e utile come sempre, Alessandra, ma oggi di più!!!

  5. Elena ha detto:
    18/06/2014 alle 12:22

    Molto bello questa mattina, ricevere via mail, uno di seguito all’altra, due post scritti così bene e così lucidi sullo stesso argomento: http://giulianalaurita.com/2014/06/18/al-meet-magento-in-contumacia/#comment-183

  6. Davide ha detto:
    19/06/2014 alle 08:14

    Complimenti Alessandra,
    è un post perfetto e utilissimo. Mi piace proprio ricevere da te la newsletter. Complimenti.

    P.S.: sempre riferendosi a Louis Vuitton, alla fine c’è pure l'”unsubscribe” ;)

  7. Alessandra Farabegoli ha detto:
    19/06/2014 alle 19:16

    è un piacere scrivere per voi :-)

  8. Pingback: [DU weekend] Test, email ed ecommerce | Digital Update
  9. Francesco Cuccuini ha detto:
    23/06/2014 alle 09:10

    Fondamentale il call to action.
    L’ho imparato anch’io.

    Saluti
    ;-)

  10. Pingback: Riaccendere la passione – chi lo fa nel modo giusto | Alessandra Farabegoli

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