Approfitto delle migrazioni del mio blog da un server all’altro per fare qualche riflessione sull’hosting, uno di quei dettagli tecnici su cui si tende a spendere il meno possibile, salvo poi imprecare quando un disservizio rende inaccessibile il nostro sito.
Quando ho iniziato, alla fine degli anni ’90, a lavorare sul web, tenevo i siti in hosting da Euroweb97, un provider romano che all’epoca aveva un paio di server; dopo quasi un anno, il livello del servizio iniziò a peggiorare, così io e l’ingegnere (allora Wafer non esisteva ancora e noi lavoravamo con la nostra società Artifex) cercammo qualcuno di più affidabile, e approdammo a Widestore, allora provider indipendente con sede a Ferrara.
Ricordo ancora come un incubo la fase in cui, per trasferire i domini dei nostri (allora pochissimi) clienti, dovemmo spiegare a ciascuno i motivi tecnici del trasferimento, recuperare le liberatorie per il cambio di mantainer, accollarci il lavoro di tutti i backup e ripristini dei siti che avevamo in gestione: una gran rottura di scatole, gestita via modem a 56K.
Dopo poco nacque Wafer, e, per ragioni legate alla compagine sociale, iniziammo a lavorare anche con il provider Nexit, con cui condividevamo lo stesso socio di maggioranza; tuttavia, dato che all’epoca Widestore lavorava veramente bene (tecnici preparati, ottima assistenza anche telefonica, server veloci e robusti), io e l’ingegnere puntammo i piedi per continuare a usare in prevalenza Widestore, tenendo su Nexit siti meno critici.
Con gli anni, anche Nexit ebbe alterne vicende, ma nel frattempo mise in piedi una sala macchine decente con fibra ottica, che aveva il vantaggio di stare a poche centinaia di metri dalla sede di Wafer, quindi a portata di mano in caso ci fosse qualcuno da tirar giù dalla sedia in emergenza.
Poi a un certo punto Widestore venne acquistata da Aruba: all’inizio tennero fede alle promesse di mantenere una qualità del servizio migliore di quella della casa madre, e noi, con ormai alcune centinaia di domini e siti in hosting da loro (alcuni su hosting condiviso, altri su server dedicato), non ce la sentimmo di iniziare una transumanza verso altri lidi.
Poi, con gli anni, pian piano il livello delle risposte alle chiamate e ai ticket iniziò a peggiorare (quando mi rendo conto che io, una biologa autodidatta di informatica, sto spiegando al “tecnico” la natura dei problemi su cui dovrebbe essere lui a illuminarmi, mi preoccupo seriamente), e sperimentammo alcuni disservizi estremamente spiacevoli. Quando succedevano i casini, ogni volta erano lamentazioni, minacce, promesse di sconti, e alla fine ci si rassegnava tutti a continuare. Venerdì scorso, durante il blackout causato dall’incendio nella serverfarm di Aruba, non ho certo invidiato i miei ex-colleghi, alle prese per tutta la giornata col clienti inferociti al telefono, anzi ho cercato per quanto possibile di dargli un po’ di supporto esterno nella gestione della crisi.
Quando ho lasciato Wafer ho cominciato a giocare con WordPress, e ho realizzato quasi subito che l’hosting Widestore-Aruba non è il massimo per installarci WP perché la configurazione standard dei domini per qualche motivo non prende una serie di automatismi (ad esempio, non gestisce bene la pubblicazione programmata dei post). Così, anche se avevo pubblicato il mio sito sullo spazio web del mio dominio registrato su Widestore, ho cominciato a cercare altri provider per i siti dei miei clienti.
Mi sarebbe piaciuto trovare un provider italiano (il mio commercialista rovescia gli occhi tutte le volte che gli porto un documento di spesa su estero) soddisfacente e non esageratamente costoso, ma non riesco ancora a individuarne uno.
Tophost, su cui molti mettono i propri siti WordPress, è spesso irraggiungibile; Web4web, su cui avevo attivato uno spazio web di prova e ho fatto attivare un paio di contratti base a piccoli clienti, mi ha dato vari segnali di sostanziale inesperienza nella gestione delle criticità, e francamente non ho voglia di avere a che fare con quelli che – visti da fuori – mi sembrano un branco di ragazzini non del tutto maturi.
Ho attivato un contratto di hosting con Dreamhost, megaprovider USA fra i più noti, ma non sono sempre soddisfatta della velocità di risposta dei server; ora, su consiglio di @stefanodindo, farò un po’ di test su Hostgator, per valutare se velocità dei server, facilità d’uso del pannello di controllo e livello di assistenza mi piacciono più di quelli di Dreamhost.
Il vantaggio dei provider USA è che spesso è possibile pagare i servizi su base mensile, quindi il mio test su Hostgator mi costerà circa 5 euro.
In questi mesi, ho maturato la convinzione che la cosa migliore sia non tenere tutte le uova in un solo paniere, ma differenziare al massimo i servizi, quindi:
[Per fare un esempio concreto, nel mio caso mantengo il dominio alessandrafarabegoli.it registrato su Widestore, la posta l’ho da tempo spostata su Gmail, il sito sta per il momento sullo spazio web Dreamhost]
In questo modo, quando i server del provider B non ci soddisfano più, possiamo trasferire il sito senza problemi, attivando il nuovo spazio su un provider C, trasferendo con calma tutti i dati e facendo i nostri test: quando tutto sarà a posto, una semplice variazione di DNS spegnerà B per accendere A.
Questo presuppone un po’ di confidenza con la gestione di un pannello di controllo, o l’aiuto di qualcuno che ne capisce più di noi (io per sicurezza un giro di verifica con l’ingegnere lo faccio sempre). Spiegazioni molto dettagliate, precise e chiare su questi argomenti si trovano nell’ottimo blog di Andrea Beggi; potete partire ad esempio da questo post su domini, hosting e DNS.
Gestire le cose in questo modo significa anche spendere qualche euro in più all’anno, magari anche per pagare l’assistenza di qualcuno che ne capisce più di noi nella gestione dell’hosting: ma sono in genere soldi ben spesi, e comunque sempre pochi rispetto a quel che ci potrebbe costare in termini di occasioni perse un sito che non funziona come deve.
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Sono d’accordissimo sul tuo piano di riparto dei servizi presso più fornitori.
Siccome – a mio avviso – avere dei blackout di posta elettronica è anche più deleterio che avere un sito giù perchè scompari del tutto dal mondo della comuncazione digitale, avevo anche io pensato di trasferire la posta su Gmail.
A me risultava però che Google Apps for Business per aziende di piccole dimensioni fosse di 40 €/anno. Servizio che avrei sfruttato principalmente per avere una mail con dominio personalizzato su Gmail, configurando ad hoc i record MX.
Tu scrivi che fino a 10 account è gratis. Deduco che non si tratti della soluzione for Business. Ma anche con la soluzione free si riesce ad avere un account del tipo nome@miodominio.it oppure si tratta di 10 email del tipo nome@gmail.com?
Ho usato la tua stessa soluzione, scegliendo di diversificare registrar (per i domini.it putroppo Aruba continua ad essere il meno ‘faticoso’), hoster e caselle di posta elettronica.
Io adesso ho un server dedicato managed gestito da un hoster italiano (a cui sono passata dopo un Linode unmanaged, per motivi di tempo e praticità): i miei numeri sono alti, wp gira benissimo e non ho mai avuto problemi di sorta.
Non ti metto il nome per non spammarti pubblicità occulta, ma se ti interessa te lo scrivo in privato.
E’ chiaro che parliamo di servizi altamente professionali: leggevo i commenti ad Aruba, con persone che si lamentavano per il loro business, e mi veniva un po’ da ridere: ma saranno tutti furbissimi loro a spendere 30eur l’anno, o fessi noi a spendere 200eur al mese? :)
Avevo già commentato oggi, ma il mio commento è sparito. Boh.
In buona sostanza – essendo d’accordo sulla procedura che differenzia i servizi tra più fornitori – ero solo curioso di capire la questione Gmail.
Io avrei pensato a Google Apps for Business che costa 40€/anno ma consente di avere una mail con dominio personale basata – appunto – su Gmail. Quindi record MX da impostare verso i server Google, con il vantaggio che questo comporta.
La soluzione gratuita relativa alla posta su Google quale sarebbe invece? Intendi un account Gmail tradizionale?
Anch’io online ormai dal 1998 quando c’erano solo i 56K e ho fatto più o meno il tuo stesso percorso, però ho scelto Bluehost con cui mi trovo bene (salvo qualche periodo anni fa). ormai ho deciso di non registrare più nessun dominio .it perchè sono sempre una gran scocciatura anche se ormai credo non ci sia più l’obbligo di mandare un fax!
@Maurizio, ti confermo che puoi avere su gmail la posta del tuo dominio, io ad esempio ho la casella info at alessandrafarabegoli punto it gestita via gmail (il che fra l’altro facilita moltissimo anche la sua gestione via iPhone e iPad).
@mammafelice, per la sola registrazione anche secondo me Aruba è una soluzione decente. Per me un server intero sarebbe decisamente troppo, non faccio tanto traffico :-) scrivimi comunque quello che usi tu, sono curiosa
Maurizio il tuo primo commento era rimasto intrappolato nel filtro antispam (credo per via della presenza di un paio di email), e l’ho visto solo ora – devo ricontrollare perché mi arrivano le notifiche dei commenti un po’ sì e un po’ no –
@Alessandra: in effetti ripensando al mio primo commento avevo subodorato che il blocco fosse dovuto alla presenza di mail fittizie noon gradite ai vair filtri antispam :-)
Quando dici che gestisci la posta del tuo dominio tramite Gmail parli del fatto che su Gmail hai impostato i dati di altri account che quindi ora leggi solo lì o parli di una reale modifica sui record MX?
Nel primo caso so che si può fare gratuitamente, ma la posta viaggia pur sempre sui server del tuo dominio. Io volevo risolvere il modo più netto ancora, cioè avere la posta del mio dominio direttamente sui server Google.
Cosa fattibile con Apps for Business: posta direttamente sui server Gmail e quindi – per via di una ridondanza di Google che mi aspetto maggiore rispetto agli altri :-) meno problemi di down.
Così otterresti: registrazione presso fornitore A + posta su Gmail + dominio su fornitore B. Se cade il sito la posta resta su.
@Maurizio sì, ho proprio modificato i record MX, cosa che puoi fare gratuitamente attivando le Google Apps per il tuo dominio.
La versione gratuita ha naturalmente meno features e garanzie di quella business, trovi una tabella comparativa qui, e di recente il numero di utenti ammessi per la versione gratuita è stato abbassato a 10.
Io ho attivato le Google Apps per alessandrafarabegoli.it, e su quell’account Gmail leggo anche altri indirizzi “di lavoro” (ad esempio, il vecchio email @wafer.it che continua ogni tanto a ricevere posta)
@Alessandra: info Impagabile! Con la I maiuscola.
Mi ero perso questa possibilità al di fuori della Google Apps for Business.
Ora controllo e provvedo.
P.S. non è molto pertinente, lo so, ma perché non ci sono le notifiche via mail dei nuovi commenti al post? Torno periodicamente a controllare, ma mi sarebbe più comodo ricevere una mail :)
abbi pazienza, che metterò a posto pure quelle (nella prossima sistemazione di template)
Ciao!
ho questo grande problema:
stò per comprare hosting su bluehost e ho dominio .it registrato in italia.
è possibile gestire gli indirizzi mail .it configurati con i record mx direttamente da bluehost (intendo inviare e ricevere posta).
tieni conto che nel contratto del dominio non è compresa nessuna casella email ma ho la possibilità di configurare tutti i record.
Grazie 1000!
Ciao Lemone, premesso che non conosco il pannello di controllo di bluehost (a malapena riesco a districarmi in quelli dei provider che uso), in linea di principio dovrebbe essere possibile configurare il tuo dominio in modo che usi i DNS di bluehost, oppure riconfigurare i record MX nel modo richiesto da Bluehost per usare i suoi servizi di posta. Di più, davvero non riesco, ti conviene chiedere all’assistenza di Bluehost o del tuo provider italiano.