Manca poco al Freelancecamp 2017: ormai è la sesta edizione romagnola, pochi mesi fa abbiamo inaugurato lo spinoff romano, insomma (ho un po’ di paura a scriverlo per scaramanzia ma) la formula dell’evento è solida e funziona.
Così mi prendo una pausa per raccontare qualcosa della macchina dietro le quinte — tanto c’è Silvia che sta lavorando davvero ;-) — perché, al di là di ogni altra considerazione, mi sembra un buon esempio di come organizzarsi in modo agile usando strumenti digitali low-cost.
Le prime quattro edizioni del Freelancecamp si sono tenute in primavera, fra la fine di maggio e l’inizio di giugno; nei primi mesi del 2016 però io ho fatto mente locale sugli impegni a breve scadenza miei, dei due co-fondatori Miriam Bertoli e Gianluca Diegoli, nonché della mia indispensabile copia-backup Silvia: fra corsi Digital Update, richieste in giro per l’Italia e lavori in corso per clienti vari, ci siamo resi conto che, realisticamente, non ce la potevamo fare, nemmeno arrivando mezzi morti alla meta.
Così abbiamo deciso — con un po’ di batticuore — di spostare la data a settembre, che è un po’ il capodanno dei freelance, e improvvisamente si è spalancata di fronte a noi un’enorme quantità di tempo utile. Questo ha significato, per la prima volta, riuscire a organizzare in modo serio la raccolta sponsor e avere le risorse per gestire meglio la preparazione all’evento e l’accoglienza “in loco”; e ha posto le basi per potere ipotizzare, dopo l’edizione 2016, il raddoppio col lancio dell’edizione romana del giugno 2017.
La prima cosa che farò, già da questo weekend, sarà fissare le date 2018:
ma già lunedì 25 potrete segnare in agenda per quando tenervi liberi l’anno prossimo.
I temi-cardine intorno a cui ruota il nostro piano editoriale sono tre: community, sponsor e informazioni di servizio.
Il Freelancecamp è soprattutto una community informale di persone che si sono incontrate e conosciute nel corso degli anni, a volte di persona e più spesso conversando in rete; già durante il lancio della seconda edizione Gianluca ebbe un’idea tanto semplice quanto geniale, quella di pubblicare sul blog una serie di interviste ai partecipanti.
(Nota a margine: quest’anno le risposte di alcuni partecipanti erano così stringate che a volte ci siamo chieste se valesse la pena di pubblicare certe interviste; questo mi ha dato da pensare, perché non sapersi raccontare è un discreto handicap chi lavora in proprio)
In mezzo alle interviste dei barcampisti mettiamo anche quelle agli sponsor; come è noto, siamo abbastanza esigenti e schizzinosi in materia di sponsor, e finora abbiamo avuto ragione perché nella media tutti sono stati bravissimi, portando non solo euro e gadget, ma anche contenuti utili e molta disponibilità all’ascolto; così anche le loro interviste sono generalmente molto interessanti.
Come iscriversi, dove cercare un pass “fuori tempo massimo”, orari e logistica, varie ed eventuali: cerchiamo di darne il più possibile per anticipare le richieste individuali, che sono comunque tante e richiedono un gran lavoro di customer care da parte mia e soprattutto di Silvia.
Tutto questo ha poggiato finora su un sito WordPress allestito al volo usando la versione gratuita di un tema piuttosto comune, Platform; oh, alla fine c’è tutto quello che serve, ma penso che ormai l’abbiamo stiracchiato oltre i suoi limiti, e l’anno prossimo ci meritiamo un sito come si deve; Kalamun, tieniti libero.
Certo che sapere come e dove mettere le mani fra pagine, post, menu e widget è un salvavita e un po’ di basi di HTML e PHP mi permettono di sfangarla anche durante le emergenze, senza dover necessariamente avere a disposizione schiere di tecnici; per questo, straconsiglio di ascoltare sabato pomeriggio lo speech di Francesca Marano su “il sito dei freelance” e anche di considerare seriamente il suo Digital Update su WordPress.com, perché se i budget sono stretti e le cose da fare sono tante anche quella è un’opzione validissima per partire (e fare anche un bel tratto di strada).
In breve, come un’estensione prima e dopo della conversazione che si tiene durante il barcamp. Del resto, il “nucleo storico” delle prime edizioni era quasi interamente costituito da persone che lavorano nell’ambito digital, e questo ha reso naturale passare in modo fluido dai canali offline a quelli online e viceversa.
Nel 2012 ancora snobbavamo un po’ Facebook, quindi il nostro maggior cruccio era di non riuscire a recuperare il controllo dello username @freelancecampit, che giace inutilizzato dal 2009 (se qualcuno ne avesse notizia e potesse intercedere per noi…). Abbiamo quindi ripiegato su uno username con l’anno dentro che ci portiamo dietro di passaggio in passaggio da @freelancecamp12 all’attuale @freelancecamp17; questo vuol dire ogni anno ricordarsi di modificarlo e cambiare gli eventuali riferimenti in giro. Sì, è un po’ uno sbatti, ma ci sono guai peggiori, e comunque i follower e tutta la storia non vanno persi.
In compenso l’hashtag è sempre e solo #freelancecamp, va regolarmente in Trending Topics Italia (per quel che vale la cosa, ma è sempre bello ricordarlo agli sponsor) e lo gestiamo in modo collaborativo e con un po’ d’affanno.
Incredibilmente abbiamo fatto senza pagina Facebook fino all’anno scorso: ci sembrava di non averne bisogno, e più il tempo passava più l’idea di dover lanciare una pagina nuova ci pesava; invece il gruppo l’abbiamo creato abbastanza presto, con accesso condizionato all’approvazione degli amministratori, post pubblici e una policy “patti chiari, amicizia lunga”.
Quest’anno abbiamo dovuto ammettere che era arrivato il momento di aprire anche la pagina; per farla decollare, io ho beceramente ricattato amici e iscritti al gruppo, dichiarando che non avrei messo in vendita i pass 2017 fino a che non avessimo raggiunto i 500 “mi piace”
Attenzione: se siete di quelli che “ogni volta che apro una pagina, invito la qualunque a mettere Like”, non provate questo genere di trucchi, vi si potrebbero ritorcere contro.
Le pagine di questo tipo sono (ancora) le vere fanpage, quindi per il momento cresciamo regolarmente vivendo sui soli contenuti “organici”; in futuro, si vedrà. Nel frattempo, Facebook ha consentito di collegare pagine e gruppi, cosa che ci torna utile perché c’è molta permeabilità fra gli iscritti al gruppo e i fan della pagina, ma tuttavia i due spazi hanno una funzione diversa:
Sì, lo so che è una cosa d’altri tempi, ma l’anno scorso mi serviva un repository per le foto scattate da Roberto Cortese (sua è anche quella che illustra questo articolo) così ho aperto il Flickr del Freelancecamp Italia; non ci serve tanto come spazio sociale, ma per avere velocemente a disposizione ovunque le foto da usare per articoli e post su altri social.
Nonostante dal 2014 abbiamo uno strepitoso servizio di live streaming e produzione dei video in diretta (sempre sia resa grazie a Vudio), abbiamo commesso una leggerezza: quella di non aprire subito un canale YouTube del Freelancecamp ma usare quello di Digital Update, da sempre alter-ego del barcamp e sponsor de facto.
Quando poi ci siamo decisi a fare le cose per bene, abbiamo scoperto con disappunto che per l’ennesima volta Google ha cambiato le regole d’uso di YouTube e oggi, sui canali di nuova creazione, è possibile fare l’embed delle dirette solo se il canale è associato a un account pubblicitario. Così, fino alla prossima giravolta dei termini di servizio, ci tocca continuare a creare dirette e video sul canale YouTube di Digital Update, per poi raccogliere gli speech a posteriori in playlist del canale Freelancecamp.
Che ve lo dico a fare? Senza MailChimp sarebbe tutto molto più difficile. La mailing list del Freelancecamp è una di quelle liste piccine, che crescono al ritmo giusto, ma fatte di persone che davvero hanno voglia di leggere i messaggi che mandiamo; anche perché, da quando l’evento e la lista sono cresciuti, io cerco di stare attenta a “diminuire l’irrilevanza” il più possibile.
Nella lista oltre ai dati di base (nome, cognome e indirizzo email) uso i gruppi per registrare le edizioni a cui ciascuno si iscrive:
Questo significa un paziente lavoro manuale di aggiornamento ogni volta che avvengono scambi di pass, ma ci permette di scrivere con frequenza maggiore a chi parteciperà alla prossima edizione e di aggiornare gli altri solo una volta ogni tanto; la settimana scorsa abbiamo mandato agli iscritti di Marina Romea il pass “ufficiale”, e agli altri un messaggio per ricordare che ci sarà lo streaming.
Quest’ultimo messaggio aveva un oggetto particolarmente efficace nell’attrarre l’attenzione: “Ci dispiace che tu quest’anno non possa venire!”
Infatti un paio di persone, che avevano una doppia iscrizione con indirizzi email diversi — uno dei quali era quello usato per acquistare il pass di Marina Romea — hanno fatto un salto sulla sedia, temendo di vedersi respingere all’arrivo :-) il che ci ha permesso di cancellare i doppioni e snellire la lista.
Dopo l’evento io recupero gli elenchi del banco registrazione e creo segmenti distinti per chi è effettivamente venuto e chi invece ha dato forfait all’ultimo, e mando messaggi diversi all’uno e all’altro segmento; oltre naturalmente a un messaggio ancora diverso per chi non era registrato.
C’è un po’ di lavoro in più, ma è questa la personalizzazione che funziona: per inserire il nome nei saluti o nell’oggetto basta una macchina, ma per adattare il messaggio il più possibile alla situazione di chi lo riceve ci vuole l’attenzione di una persona.
Non ho ancora avuto il tempo di impostare un po’ di Automation ben fatte, ma sono sicura che, appena avrò il tempo di pensarci bene, inizierò a trasferire un po’ di flussi di informazioni in serie automatiche — che ne so, le istruzioni sulla gestione dei pass o quelle per gli speaker.
La storia del Freelancecamp è fatta di tentativi, test e aggiustamenti successivi. Come mi capita spesso, la mia grande fortuna è quella di lavorare con persone più brave di me, con cui posso buttare là delle idee che poi prendono forma e vengono sistemate in corsa; visto da fuori funziona tutto bene, e col passare degli anni ho imparato che è quasi sempre così.
I casi degli altri sono esempi di strade possibili, ma poi ciascuno deve trovare la sua. Trovo ancora del tutto attuali le mie riflessioni post-Romagnacamp del 2011: posso raccontare cos’abbiamo fatto noi e cosa ha funzionato, ma questo non significa che sia possibile replicarlo tal quale per un evento diverso.
Sabato e domenica ci sarà il sole, io sarò al Boca e abbraccerò chi viene di persona; per gli altri, saremo in streaming su www.freelancecamp.net, in attesa di vederci dal vivo in un’altra edizione.