Sto preparando una lezione su social network e politica, con particolare focus sulla realtà locale ravennate. Così oggi pomeriggio mi sono messa a fare un po’ di ricerche su Facebook, per abbozzare una mappa – senza alcuna pretesa di scientificità – delle presenze online nella provincia di Ravenna.
Ho lanciato una ricerca con il termine “Ravenna”, e mi è uscito fuori un interminabile elenco di falsi profili individuali:
Qui vedete solo lo screenshot della prima videata, ma, con pazienza, li ho contati tutti: 123 fake profile, distribuiti in modo equo e bipartisan fra aziende, pezzi di istituzioni, gruppi politici, associazioni di volontariato. Dal punto di vista politico, assoluta convergenza autenticamente bipartisan: ci sono fake di destra, di sinistra e di centro, autonomisti romagnoli, grillini, contestatori del sistema, tutti accumunati dall’assoluta ignoranza delle regole.
In mezzo a questa folla di persone finte, 21 pagine “regolari”: in buona parte dei “Ravenna” o “Comune di Ravenna” creati in automatico da Facebook come località (in cui qualcuno si è registrato) o azienda (presso cui qualcuno ha dichiarato di lavorare); cito, perché se lo meritano, i pochi “regolari autentici”, alcuni gruppi sportivi (Vis Basket, Robur Ravenna, Messaggero Volley, Ravenna Calcio), il Ravenna Festival, Ravenna Web TV.
Le ricerche su Lugo e Cervia non sono andate molto meglio: a Lugo ho trovato 24 fake contro 4 pagine ufficiali (conteggio complicato da varie località omonime in altri paesi, ma diciamo che la proporzione è quella):
A Cervia, 64 fake contro 17 pagine:
A Faenza la situazione mi è parsa più equilibrata, pur nella prevalenza delle situazioni irregolari: 35 fake contro ben 25 pagine ufficiali.
Allora mi sono detta “vabbè, forse hanno ragione loro, e probabilmente tutto il mondo è paese: andiamo a consolarci vedendo cosa succede fuori dall’Italia”.
Senza nessuna pretesa di scientificità, ma pescando a sentimento dalla mappa dell’Europa, ho cercato città in Francia (Grenoble e Rouen), Spagna (Pamplona e Salamanca), Germania (Utrecht, Frankfurt, Karlsruhe), Austria (Salzburg) e Svizzera (Lausanne). L’unico fake che ho trovato nella prima videata è stato Art Salzburg, per il resto tutti fuori dall’Italia usano – correttamente – le pagine.
A questo punto, sono davvero sconsolata.
È possibile che siamo gli unici in Europa a fregarcene bellamente di leggere i contratti di servizio degli strumenti che usiamo, o, banalmente, leggere le istruzioni e seguirle? Se lo standard italiano è “ce ne fottiamo delle regole”, a che titolo ci meravigliamo se il resto del mondo non si fida più quando chiediamo soldi in prestito?
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Lavoro nel settore da pochissimi mesi, ma la difficoltà più grande per ora è spiegare che se non sei una persona non puoi aprire un profilo fake su FB, devi usare pagine o gruppi.
Ultimi esempi:
– i precari nidi e materne della mia città (dovrebbero essere un gruppo)
– l’associazione culturale sotto casa (dovrebbe avere una pagina)
Dico bene?
Io non penso che sia una questione di cialtroneria, ne di mancato rispetto delle regole. Più semplicemente, penso che questa situazioni rispecchi non soltanto la consapevolezza che in Italia abbiamo di questi servizi, ma soprattutto il peso e l’importanza che vi vengono dati.
Sciatteria, improvvisazione e ignoranza sono i sintomi del fatto che non si pensa a investire tempo, energie e denaro per imparare a usare questi strumenti di comunicazione in modo appropriato, ma si preferisce guardarli come se fossero gadget, oggettini carini da avere perché è di moda ma che sotto sotto non servono poi a molto…
@Michela, conosco la difficoltà e cerco di affrontarla ogni giorno :-)
@El_Pinta, vorrei pensare come te che questa tendenza all’improvvisazione riguardi solo il modo in cui si affrontano, in Italia, la comunicazione e l’uso della rete, ma purtroppo vedo esempi di questo atteggiamento in quasi tutti i settori.
Una persona su Twitter notava che in Italia il tasso di analfabetismo funzionale (cioè adulti non in grado di comprendere in modo completo un testo scritto) è valutato al 71%: questo significa che 7 adulti su 10 non sono in grado di capire esattamente ciò che esprime un articolo di giornale, o un foglio di istruzioni.
Ciao Alessandra, come promesso eccomi qui a lasciare un commento.
Ho lavorato per due anni per un piccolo Comune e mi sono trovato mio malgrado a dover gestire una profilo fake invece di una pagina pubblica per l’ente. Non avevo potere decisionale in merito e quindi mi sono dovuto rassegnare, pur tentando di spiegare più volte i rischi che correvamo mantenendo attivo il profilo fake invece di aprire la fan page.
Ora ho a che fare spesso con associazioni e ONG che utilizzano lo stesso strumento…
La mia piccola riflessione sta nella strategia di “crescita” dei contatti: con un profilo fake è più facile raggiungere una prima base di utenti utilizzando lo strumento della “richiesta d’amicizia”.
Da quando Facebook non permette più ai fan di una pagina di invitare i propri amici a mettere il like chi si trova a decidere come partire spesso fa la mossa sbagliata proprio per questo motivo. Alla domanda (sbagliata) “come faccio a crescere in fretta” la risposta è presto data: “apro un profilo fake e inizio ad invitare amici a caso”. Poi Facebook involontariamente aiuta questo meccanismo perché offre grande visibilità (la barra a destra delle “persone che potresti conoscere” agli utenti che hanno molti amici e quindi li “aiuta” a crescere ed il pasticcio è fatto.
Non mi stupisce che questa sia una soluzione adottata quasi solo in Italia, e sono d’accordo con la tua analisi sul cialtronismo all’italiana. E penso che nasceranno pure consulenti cialtroni che invitano i clienti a partire in questo modo e poi utilizzano il tool di migration da profilo e pagina.
Ciao Simone,
tutto vero quello che dici: la scorciatoia del profilo è un modo più rapido per aumentare il proprio numero di iscritti. Pensa che il cliente a cui qualche tempo fa avevo risolto il problema di ben 2 fake profile, trasformati in pagine e fusi fra loro e con la “location” dopo due giorni di lavoro, mi ha chiesto nei giorni scorsi se non fosse il caso di creare un nuovo fake “per tirar su più in fretta un po’ di gente”.
Tuttavia, la mia domanda è: perché gli altri in media scelgono la strada regolare, mentre la tendenza a prendere la scorciatoia, comoda ma non lecita, appare come un tratto distintivo italiano? Le regole di Facebook sono uguali in tutto il mondo, siamo proprio sicuri di essere noi i furbi, o piuttosto non sarà che fare le cose in regola, sul medio e lungo termine, conviene, mentre noi ci freghiamo con le nostre stesse mani adottando strategie di corto respiro?
Beh Alessandra la risposta è ovviamente la seconda e la proposta del tuo cliente ne è purtroppo l’ennesima conferma.
Per fortuna esistono anche clienti e consulenti seri. Limitiamoci a lavorare con quelli.
Grazie per lo scambio,
Simone
Sono tentata di darti ragione sulla via “furba” general-generica ma forse (voglio sperare, sebbene sia altrettanto sconsolante) il problema è circoscritto al fatto che in Italia abbiamo scarsissima cultura di marketing e di management. Difficile, anche per quanto riguarda gli strumenti tradizionali, che si conosca la differenza fra uno strumento e l’altro, una tecnica e l’altra. A mio parere e secondo la mia esperienza c’è la tendenza a considerare il marketing “marginale”, come una mera questione estetica (già dire che si riduce a mera comunicazione è ottimistico e generoso). Il marketing è quello che fa i disegnini. Punto. Nessun coinvolgimento nei processi strategici, nessuna scientificità nello studio dei mercati e delle loro esigenze (e quindi, del modo giusto di porsi verso di loro attraverso l’utilizzo corretto degli strumenti appropriati). Tanto intuito, tanta flessibilità, tanto orientamento commerciale nel senso che intere aziende vengono plasmate sulla base dell’opportunità commerciale del momento, normalmente ottenuta attraverso un’abile gestione delle “relazioni” (intendendo queste con un’accezione reale, fisica e pure un po’ politica), per poi ritrovarsi magari, in un momento di crisi, a scoprire che il modello di business adottato non porta a margini adeguati nel medio/lungo periodo…. Forse sono finita un po’ OT, ma sulla raffazzonaggine imperante inizio ad avere un dentino avvelenato difficile da sterilizzare.
Mariangela, potrei fondare “il club del dente avvelenato” ;-)
Non sono esperta di marketing, solo curiosa, e leggendo i commenti a questo post mi è venuto un dubbio: in che modo con i profili personali si aumentano gli iscritti?
Spiego la mia perplessità: con le pagine hai la possibilità di avere un numero illimitato di iscritti, con un profilo personale (al netto dell’uso improprio se stiamo parlando di aziende, gruppi sportivi eccetera e non di singole persone) puoi avere solo 5000 “amici”; inoltre per iscriversi a una pagina basta un like, mentre l’amicizia chiesta ai titolari di profili personali implica non solo che la richiesta sia accettata, ma anche reciprocità. Come può quindi essere più facile aumentare il numero di iscritti se la procedura di iscrizione è più lunga e limitata a 5000 persone?
Bel post, grazie mille.
Forse non tutto viene fatto in cattiva fede.
Io ho aperto diversi anni fa un profilo su facebook dedicato all’azienda per cui lavoro (un campeggio), quando ancora non c’erano le pagine aziendali.
Successivamente facebook ha lanciato le pagine aziendali, e io ne ho creata una.
I clienti poi hanno creato un’altra pagina (“places”), che ho ufficializzato.
Per cui al momento ho utenti che esprimono i loro “like” alla pagina, altri che fanno checkin e altri che mi chiedono l’amicizia. Dovrei modificare il profilo personale ma come faccio se ha il nome dell’azienda? Che nome ci metto, il mio personale? (sono solo una dipendente). Il mio titolare non vuole comparire.. in pratica vorrei regolarizzarmi ma non so come fare!
@Giorgia, chi crea fake profile poi va in giro a chiedere attivamente l’amicizia a chiunque, invece di lavorare per far venire le persone nella pagina a fare “mi piace”. Poi, una parte delle richieste verrà rifiutata, ma questo viene messo in conto. Quando si arriva a 5000, spesso si apre il profilo no.2 :-(
@Silvia, come spiego nei miei post dedicati al tema, puoi trasformare il fake in pagina con il nome giusto, e poi “fonderlo” alla pagina. Leggi il blog, c’è scritto tutto :-)
@Alessandra, capisco, ma a ‘sto punto mi faccio domande non solo sul comportamento delle aziende che usano questo stratagemma, ma anche su quello di chi accetta la richiesta d’amicizia di “qualcosa” che non sia una persona (non voglio nemmeno soffermarmi sulla questione di conoscere o meno personalmente i propri contatti, ma per esempio io non accetterei mai una richiesta di amicizia da parte di qualcuno con il quale non ho mai scambiato nemmeno mezza battuta non dico di persona ma almeno online; men che meno l’accetterei se provenisse da un’azienda).
Giorgia, mi faccio domande simili anch’io, e purtroppo le risposte che mi do non sono rassicuranti :-D
Giorgia ci sono un sacco di persone che non solo accettano l’amicizia di una pagina fake ma addirittura la chiedono!
Per quanto riguarda il limite di 5000 “amici” per una piccola attività sono comunque moltissimi 5000 contatti.
Grazie Alessandra!
Questo tuo post per me diventerà un manifesto (andrebbe tatuato sotto alle palpebre di molti IT aziendali).
La tua domanda trova una miriade di risposte e una l’hai già applicata con il tuo : doppio salto mortale, ma questo post, anzi tutta questa ricerca smaschera un atteggiamento immaturo che hanno molte aziende nei confronti dei social network.
Credo che chiunque si trovi nella posizione: – tu che ci capisci un po’ di internet – si sia ritrovato negli ultimi tempi con la stessa domanda: – ma perché devo aprire una pagina, io gli chiedo l’amicizia…-
Personalmente per quanto ho provato a spiegare i vantaggi, le possibilità, le differenze di un profilo “pubblico” e i rischi di un profilo fake, l’abitudine sembra vincere in modo schiacciante: – io faccio così per il mio profilo, faccio così per la mia azienda –
Molte volte si tratta di abitudine unita all’italianissima pigrizia, pensare che basterebbe informarsi un minimo.
Ho già sentito più volte: – me lo chiudono? e io lo riapro – Affari loro, evidentemente hanno tempo e risorse. Oppure esempi di “Profilo Fake” che ha come info “non iscrivetevi più a questo ma a Profilo 2, abbiamo raggiunto il limite” tristezza… e mi auguro li chiudano entrambi.
Di nuovo grazie, so che mi sarà utile.
Facebook dovrebbe essere molto più aggressiva con i fake profile, esattamente come sta facendo Google+, rimuovendo e comunicando di più le sue linee guida.
Non credo sia una questione di italianità, semplicemente da noi FB si è diffuso molto in fretta e la pratica del multi account è diffusissima, la base è la disinformazione non la “furbizia”… non c’è niente di furbo nel creare un profilo invece di una pagina, è solo più scomodo da gestire e più scomodo per gli utenti da aggiungere.
Andrebbero tutti cancellati da Facebook, dal primo all’ultimo, e andrebbe fatta una comunicazione chiara e continuata sull’utenza italiana che a quanto pare è completamente disinformata su come funzionano le pagine e i profili.
Grazie per la citazione.