È passato quasi un mese dal Romagnacamp, e un po’ di persone, durante e dopo l’evento, mi hanno posto la fatidica domanda “come si organizza un barcamp?” .
La cosa in sé è comprensibile: il Romagnacamp di quest’anno è stato indubbiamente un evento ben riuscito, e credo di aver visto raramente una coda di commenti (online e dal vivo) così unanimemente positivi.
Tuttavia, dopo averci pensato su un bel po’, credo che l’unica domanda a cui mi sento di rispondere sia “cos’ha funzionato così bene al Romagnacamp?“, il che non necessariamente significa che qualcun altro possa copiarlo con successo per un evento diverso.

Ingredienti base della ricetta
- il luogo: il Boca Barranca è un posto bellissimo, la spiaggia è la spiaggia, se uno vuol prendersi una pausa di mezzora dagli speech può farsi due bracciate, insomma ci piace vincere facile. Ovviamente la location del Romagnacamp, in sé, è un ingrediente “non ripetibile”, ma, in generale, se si portano le persone in posti belli questo aiuta, anche a lavorare: la bellezza aumenta il livello di endorfine e migliora la creatività
- la frequenza biennale: l’idea forse migliore del Romagnacamp l’abbiamo avuta nel 2008, quando, dopo la prima edizione (bellissima anche quella), decidemmo di saltare un anno, perché semplicemente non ne avevamo voglia. Un anno dopo la voglia ci era ritornata, e da allora il Romagnacamp è stato battezzato come “l’evento degli anni dispari”: noi romagnoli non abbiamo la spiacevole sensazione di essere legati a vita a dedicare la chiusura dell’estate a una corvée, si crea il giusto mix fra quelli che non si sono persi un’edizione e il fisiologico ricambio, e a tutti torna la voglia di vedersi in riva al mare per parlare di tutto un po’
- la leggerezza: less is more, lo sapete, è uno dei miei mantra; il Romagnacamp l’abbiamo sempre organizzato secondo il principio del “facciamo come se gli sponsor non ci fossero”, e questo è stato il primo anno in cui abbiamo avuto anche degli sponsor che, oltre a un aiuto “tecnico/organizzativo”, hanno sostenuto finanziariamente l’evento. Ovviamente la cosa ci ha fatto piacere, ci ha permesso di aggiungere un paio di serate conviviali pagate da 123people, APT Servizi e TUI.it, ma, non ci fossero stati quei soldi, l’evento sarebbe stato in piedi comunque
- lo staff ridotto al minimo: un barcamp è come una startup, più si è e più casino si fa. Occorre prendere decisioni velocemente, e, dato che il barcamp è qualcosa che organizziamo oltre al nostro normale lavoro, gestire tutto con la massima efficienza; quindi, meglio organizzarlo in pochi, si fa molto prima a confrontarsi, decidere, fare
- Luca Sartoni: Luca è il Romagnacamp, e per quanto mi riguarda è la mia scelta no.1 per lavorare come descritto sopra: agili, leggeri, divertendosi
La ricetta dell’edizione 2011
- razionare i tempi degli speech: niente “doppio palco”, speech solo nella sala principale, tempi predefiniti, e un’attenzione continua, durante la giornata, a restare dentro gli orari; è una questione di rispetto, sia per il Boca che aveva dato l’uso della sala fino a un’ora prestabilita, sia per tutti i partecipanti che giustamente potevano aver voglia, al termine della giornata, di godersi un po’ di relax
- dedicare tempo a comunicare l’evento “prima” e “dopo”: non solo il sito con il programma presentato un po’ alla volta, ma i contatti diretti con chi mi chiedeva informazioni, le risposte alle domande poste via Twitter, l’impegno a redistribuire il più possibile i contenuti (gli speech del mattino e del pomeriggio, i video della sessione Ignite, la raccolta delle foto del Facebooth, lo special Followgram)
- raccogliere idee in giro e farle fiorire: in una conversazione di qualche mese fa, qualcuno si lamentava di aver bisogno di un avatar nuovo, e da lì mi è venuta l’idea di Facebooth; quando Daniela mi ha detto che le sarebbe piaciuto venire, ma si chiedeva come gestire il bimbo, ho cominciato a pensare di organizzare un babyclub e magicamente si è materializzata Oltre Tata, che l’ha gestito benissimo (e la cosa meravigliosa è quando poi ringraziano gli stessi che ti han dato l’occasione di far bella figura…)
- portare un po’ di più Marina Romea dentro l’evento: aiutata dal fatto di aver lavorato per la locale associazione di promozione turistica, ho cercato di estendere il Romagnacamp anche un po’ fuori dal Boca, perché a Marina Romea c’è altro da godere in un bel weekend di settembre: la pineta, la valle, il resto della spiaggia, altri posti in cui mangiare… se volete tornarci anche in altre occasioni, la cosa mi farà molto piacere
- restituire il più possibile: non solo ringraziare e rendere merito a tutti quelli che ci hanno aiutato, ma anche restituire concretamente alla comunità un po’ del valore che questa ci dà ogni giorno; dopo il Romagnacamp abbiamo fatto una donazione di $450 alla Fondazione Creative Commons con il denaro raccolto da chi si è fatto fotografare al Facebooth più i contributi degli sponsor; ci tenevo a questa cosa, e sono contenta si sia realizzata.
So di non aver risposto a chi si aspettava consigli applicabili all’organizzazione del “suo” prossimo barcamp, anche perché, fra i mille eventi che ci sono in giro, pensare di applicare la ricetta di qualcun altro non funziona: nessuna ricetta standard funziona, sapete?

<3