Questo testo è la mia postfazione all’ultimo libro di Enrico Marchetto, “Facebook e Instagram – Strategie per una pubblicità che funziona”. Quando Enrico mi ha chiesto di scriverla, per un momento mi sono sentita incapace di aggiungere qualcosa al suo libro; poi, visto che mentre lui scriveva ci eravamo confrontati sull’adeguatezza di certe metafore biologiche, ho trovato le parole giuste per raccontare l’essenza del nostro modo di lavorare. Il codice genetico, se volete.
Imparare da Enrico Marchetto è una continua sfida alla tentazione di semplificare, di cercare ricette standard replicabili senza pensare. Enrico ci riporta alla consapevolezza che la realtà non è deterministica, che lavorare con gli esseri umani, nel marketing come in altri contesti, implica un lavoro di ricerca, comprensione dei meccanismi di funzionamento della realtà, osservazione e analisi di tanti casi e storie… senza nessuna garanzia finale di un risultato certo.
Se per alcuni questo può risultare frustrante, io invece mi ci sento a casa. Anche se da decenni lavoro nell’ICT e nel digital marketing, la mia formazione è avvenuta ben prima dell’arrivo di internet nelle nostre vite e gli anni passati a studiare con passione le scienze della vita per laurearmi in biologia mi hanno lasciato in eredità un approccio sistemico all’analisi della realtà: leggo il mondo come un sistema organizzato su livelli concentrici, ognuno dei quali dipende dai vincoli imposti dai livelli sottostanti, ma a sua volta introduce nuove regole, che influenzeranno l’ambito delle possibilità dei livelli superiori.
Così, le regole della chimica definiscono ciò che è possibile a livello di macromolecole, ma non determinano strettamente la forma che ha assunto il DNA, né tantomeno le possibili sequenze di nucleotidi che ritroviamo negli organismi presenti e passati; il DNA regola la sintesi delle proteine che costituiscono il nostro corpo, ma non definisce chi saremo e come ci comporteremo; ciascun individuo risponde a stimoli e si sviluppa secondo un piano riconoscibile, ma nell’insieme le nostre comunità interagiscono nei modi più vari con l’ambiente circostante.
Studiare gli organismi viventi e le dinamiche sociali – e il marketing è un aspetto di queste ultime – è quanto di più lontano possa esserci dalla fisica classica, dove all’applicazione di un’azione corrisponde una reazione prevedibile e misurabile. La nostra indagine assomiglia di più alla partita a croquet giocata da Alice nel Paese delle Meraviglie, dove le mazze sono fenicotteri e le palle da colpire sono ricci, e bisogna farli passare sotto i fanti del mazzo di carte viventi: sappiamo abbastanza bene come tenderà a comportarsi ciascuno di questi attori, ma quale sia il risultato finale è ogni volta un’incognita.
E tuttavia, chi arriva a mappare le regole di base del gioco e sa pesare il ruolo di ciascuna componente ha una capacità di visione e previsione maggiore di chi gioca a caso. Forse non sa esattamente spiegare perché “se fai così le cose andranno male, mentre se cambi quel dettaglio tutto funzionerà meglio”, ma ha visto tanti di quei casi e ha introiettato tante di quelle storie che ormai intuisce, ri-conosce, in definitiva è in grado di giocarsi le sue carte con maggiore probabilità di successo.
Probabilità, non sicurezza: non quella che ci chiedono i nostri clienti, che vorrebbero garanzia di un risultato che in realtà non è mai scontato e che dipende anche da fattori fuori dal nostro controllo. Ecco, in questa realtà probabilistica ciò che possiamo fare è aumentare le probabilità di successo e diminuire quelle di fallimento disastroso, ma non ci è mai dato di lasciare a lungo innestato il pilota automatico, perché intorno a noi tutto si muove e le strategie che erano perfette e competitivamente valide nell’ecosistema di ieri possono diventare in breve tempo svantaggiose – o cambiamenti più grandi di noi possono portare, all’interno della nicchia di cui noi eravamo la specie dominante, nuovi attori più efficienti di noi nello sfruttare risorse che davamo per scontate.
Io ed Enrico abbiamo sufficiente esperienza sulle spalle da esserci trovati più volte a dire “quel che vi raccontavo fino a pochi mesi fa non è più vero, adesso le cose funzionano in modo diverso”. L’unica costante del nostro approccio è non perdere mai l’allenamento a guardare le cose da più di un punto di vista, cercando anche di abituare i nostri clienti a farlo.
Spesso chi ha un’idea o un prodotto ne è talmente appassionato da non comprendere che, magari, per i clienti questo prodotto rappresenta poco più di un marginale miglioramento di qualche dettaglio della propria vita; ridimensionare l’ego è già un aggiustare la prospettiva, e più leggero è il bagaglio che ci portiamo dietro, più saremo agili nel rispondere ai mutamenti della realtà.