Qualche parola ancora sul dibattito “#meetFS: #epicfail o progetto troppo intelligente per essere capito?”.
Uno degli argomenti ricorrenti degli apologeti suona più o meno così: “guarda questi guru della rete sociale, parlano a ogni pié sospinto di ascolto, poi quando un’azienda finalmente apre le porte sparano a zero per cavalcare l’hashtag del momento” (sviluppa dettagliatamente il punto Emanuele Quintarelli, nel suo post “#meetfs. Quando la rete non capisce la rete“).
Premesso che sentirmi incasellare, di volta in volta, nelle categorie guru, influencer, e finanche blogger, mi fa sempre un po’ ridere, credo che occorra chiarirsi meglio sul significato di “ascolto”.
Invitare venti blogger nelle stanze segrete per spiegargli la propria versione dei fatti, anche se fosse stato fatto con lo scopo esplicito di provocare l’esplosione della canea di insulti che ne è seguita online, non è ascoltare: è volersi raccontare, provare a influenzare le opinioni, volere accendere i riflettori.
Ascoltare è una cosa che si fa tutti i giorni, e si fa in silenzio, non coi riflettori accesi.
E quel che si ascolta poi deve “bucare” le dinamiche interne aziendali e produrre cambiamenti – graduali, lenti, quel che volete, ma muovere qualcosa, e nella direzione giusta.
Sono sicura che il social media team di Trenitalia ascolta, il problema è che tutto questo ascolto non produce nessun risultato visibile, a parte qualche tweet “pannicello caldo” in risposta a utenti particolarmente arrabbiati.
Spesso nei miei corsi parlo del “ciclo virtuoso delle analytics”, che sono nient’altro che lettura del feedback:
Sapere che “Moretti sa benissimo che il sito Trenitalia fa schifo” non mi consola, anzi mi fa doppiamente arrabbiare. Se lo sa, perché il redesign di pochi mesi fa ha sostituito un sito poco usabile con un sito altrettanto poco usabile? Davvero ci vogliamo accontentare del fatto che adesso (nel 2012) si può pagare il biglietto con Paypal? Che razza di ascolto è questo, che non cambia nulla di sostanziale? Nessuno in azienda aveva visto il video di Nicola Bonora con una strepitosa analisi del vecchio sito Trenitalia (trovate il video qui e qui), una roba che uno dovrebbe farsela pagare dal cliente, altro che portarla gratis a un barcamp?
Ultima cosa: non ho mai insinuato che gli invitati fossero prezzolati: so perfettamente che hanno dedicato una giornata, a proprie spese, per motivi essenzialmente riconducibili alla sincera curiosità. Lo so perché ero stata invitata anch’io, e sapevo che, se avessi deciso di partecipare, l’avrei fatto a mie spese. Devo dire che anche questo mi pare poco corretto, da parte di un’azienda che comunque sta usando il tempo di venti persone per dare loro in cambio quale privilegio? quello di pensare di essere, per l’appunto, vip blogger, influencer, guru?
tranquilli tutti: se foste (fossimo) davvero influencer, sarebbe venuto Moretti da voi. #MeetFS
— gianluca diegoli (@gluca) Giugno 22, 2012
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Una delle poche analisi intelligenti sulla faccenda.
Aggiungerei che riportare candidamente che “se i treni non funzionano, la colpa è delle regioni”, cioè la versione ufficial-scaricabarile di Moretti, senza esercitare nemmeno un briciolo di spirito critico, di certo non fa grande onore agli invitati. Ok, qualcuno di loro lo ha fatto. Ma troppo pochi.
Dal mio modestissimo punto di vista, trovo in questo tuo post “chiarificatore” 2 cose molto interessanti. Con una sono estremamente d’accordo, con l’altra un pò meno:
credo che chii sia stato invitato all’iniziativa, non lo è stato in quanto INFLUENCER, – almeno spero – ma in quanto professionista della comunicazione, e abitante della rete, che da tale avrebbe raccontato sui propri profili, coi propri occhi, quella che sarebbe stata l’esperienza vissuta. Nel bene e nel male.
Credo, e spero che FS abbia voluto invitarvi per creare il precedente di una critica positiva rivolta a FS, da usare – sicuramente troppo in ritardo – come prova della volontà di voler COMINCIARE ad ascoltare i suoi clienti, raccontando (come dici, ma non ci vedo nulla di negativo) la vita e le difficoltà dell’azienda dall’interno.
Se l’ascolto fosse cominciato prima, e fosse stato reattivo, non ci sarebbe stato bisogno di #meetFS. Ascoltare è una cosa che si fa tutti i giorni, ma cacchio, diamo a chi, colpevolmente, ha avuto fin’ora questa mancanza, la possibilità di cominciare a farlo partendo da zero e non da un #epicfail inesistente.
d’accordo con:
“sentirmi incasellare, di volta in volta, nelle categorie guru, influencer, e finanche blogger, mi fa sempre un po’ ridere”.
AMEN. però qualcosa non mi convince :)
ognuno di voi ha un proprio lavoro che può permettergli di affrontare la spesa di una giornata d’ascolto fuori dalla propria città, e quindi non vedo perchè FS avrebbe DOVUTO spesare, o peggio retribuire la vostra partecipazione: un invito è tale in quanto può essere accettato o rifiutato. Poi, sicuramente FS avrebbe fatto altra figura se avesse rimborsato le vostre spese (credo che avrebbe potuto), ma si tratta di una loro legittima scelta dopo un invito e non un ingaggio.
Scusa Luca, che cosa c’entra se uno “si può permettere” di spesarsi un viaggio a Milano o meno? Io ho i soldi per pagarmi due giorni fuori casa, ma mi spieghi perché dovrei spenderli per fare da cassa di risonanza delle ragioni di Trenitalia?
Quanto al resto, trenitalia non deve “cominciare dai blogger”, ma dai viaggiatori, tutti, e l’unica cosa che può far bene a lei e a noi è che – in silenzio e senza proclami – si mettano a migliorare il servizio. Tutto il resto è blabla e fuffa, per quanto 2.0 la dipingano.
Perdonami Alessandra, non volevo assolutamente insinuare qualcosa di sgradevole. Sicuramente mi sono espresso male. intendevo: I cosiddetti influencer, sono visti come tali in quanto innanzitutto dei professionisti nel loro campo, e retribuiti dalla loro professione. Non considerando il Blogger e l’ Influencer quale un “mestiere”, il mio parere è che non sia giusto essere retribuiti per queste situazioni. altrimenti si sarebbe dei testimonial pubblicitari, e credo che nessuno di voi vorrebbe questa etichetta, se non esplicitamente e giustamente dichiarandola, come fanno altri. tutto qui.
Sul “cominciare dai blogger”, c’era una premessa prima: ho detto che probabilmente avere a supporto magari una testimonianza positiva di qualche blogger influente, questo potrebbe in futuro servire loro come “materasso” per altre critiche, o come incentivo per concentrarsi sull’ascolto della rete.
Alessandra,
forse ti sarai accorta che nel post cito una serie di altri post, non solamente il tuo. Non capisco quindi la tua “ultima cosa”.
Sul fatto dell’ascolto e del miglioramento, sai per certo che non stanno ascoltando e non stanno migliorando? Sai da quanto è iniziato il processo? Sai le azioni che sono state lanciate? Sai cosa e come stanno ascoltando? Sai cosa stanno cambiando?
Se invece l’aspettativa è vedere tutti i problemi delle Ferrovie dello Stato risolti in pochi mesi..
bell’articolo: seguo con interesse la vicenda sulle tue pagine, da utente di trenitalia, seppur sporadica, mi ci riconosco appieno e appoggio il tuo fastidio sull’atteggiamento spocchioso di un’azienda che palesemente confida sulla mancanza di concorrenza; sono sempre stati l’emblema dell’inusabilita’ ora lo stanno diventando anche della “sordita’ volontaria”
Emanuele, nn sei certo l’unico che ha insistito sul fatto che gli invitati non fossero stati pagati, il mio non è un post di risposta al tuo – o meglio, è un post di risposta a una posizione che il tuo post rappresenta e riassume molto bene.
Quanto al “che ne sai che non stiano ascoltando-cambiando-agendo”, ribadisco: non me ne importa nulla, finché non se ne vedono effetti concreti nel livello di servizio percepito dai clienti. Per quanto mi riguarda, un’azienda con un servizio disastroso come trenitalia dovrebbe TACERE fino a quando non ha da dire una cosa tipo “i ritardi sono dimezzati, il numero di reclami è calato dell’80%, le vetture sono pulite”, eccetera. Ogni altra parola spesa (mascherandola da operazione di ascolto) è offensiva nei confronti di chi prende il treno.
Luca, ammettendo anche che il proprio tempo non debba essere retribuito (allora perché chiamare professionisti della Rete e non hobbysti?), almeno le spese di viaggio sarebbero state doverose. Il dubbio: non è che pagando loro un viaggio in treno, poi sarebbero arrivati tutti tardi al meeting? :)
Alessandra, è proprio su questo punto che non sono d’accordo ed è un punto sostanziale. La tua prospettiva è di comunicazione (comunicare quando le cose sono state risolte), la mia è di evoluzione (usare la rete come acceleratore del cambiamento).
@ mammafelice. Avrebbero quindi dovuto ingaggiarli, e non invitarli. L’ingaggio sarebbe stato fonte, ovviamente, di polemiche ancor piu ampie, in quanto avrebbe condizionato tutti.
Per professionisti della rete non intendo blogger o influencer. Confermo che queste non sono professioni ma passioni e attitudini dei professionisti.
Il problema è più generale riguarda tante Aziende dalla micro-impresa alla multinazionale, effettivamente non c’è interesse ad “ascoltare” per poi “fare” per tanti motivi ( per esempio il management paleserebbe l’incompetenza, costi non qualità sono minori del dare servizio migliore ecc. ).
Fare pulire meglio le carrozze ( per esempio ) basterebbe una circolare alle società che hanno vinto appalti ( o rapporto non conformità ), ma la logica del maggior ribasso mal si concilia con un servizio migliore.
Sull’acceleratore del cambiamento è come pretendere che si faccia qualità in azienda con le stesse persone che la boicottano a vario titolo perchè perderebbero l’unico valore che hanno: il potere del controllo/decidere a favore di una azienda stakeholders driven ( basterebbe buon senso e l’applicazione di uno dei pilastri qualità Iso che è la soddisfazione bisogni stakeholders ).
Smettiamola di prendere per i fondelli le persone, se si vuole anche con poche risorse è possibile dare un servizio migliore basta volerlo.