Sabato 27 e domenica 28 luglio ho partecipato alla festa di inaugurazione del MUSE, il nuovissimo museo delle scienze di Trento, e per me si è trattato di una serie ininterrotta di sorprese e felicità purissima.
Andateci, davvero, e portateci i bambini se ne avete: prendetevi un giorno intero per perdervi in una cascata di luci, immagini, suoni, per farvi sorprendere dalla natura come in pochi la sanno raccontare. Andateci per giocare e imparare senza annoiarvi neanche un momento; andateci per divertirvi ed esplorare, e aver voglia di tornarci altre volte.
Partiamo dai motivi più palesi e scontati, quelli legati alla qualità del progetto: l’edificio è spettacolare, una montagna di luce dentro e fuori, e l’allestimento interno è ancora più bello; gli architetti del Renzo Piano Building Workshop hanno lavorato all’altezza della loro fama. Il MUSE è anche un edificio realmente smart per come usa e produce l’energia: pannelli solari sui tetti, riscaldamento e raffrescamento ottenuti con sonde geotermiche, recupero dell’acqua piovana per la serra e gli scarichi dei bagni, gestione automatica dell’apertura e chiusura delle tende per regolare la temperatura interna.
Il colpo d’occhio della cascata di animali – disposti, in base alla quota a cui vivono, nell’immenso spazio su cui si affacciano le quattro terrazze dei piani della mostra – vale da solo la visita; ma lo spettacolo continua per tutti e cinque i piani dell’esposizione, con altri animali (veri o riprodotti), modelli interattivi, strumenti che si possono usare, giochi che spiegano le leggi della fisica, video che si comandano toccandoli (e fin qui, ci siamo abituati: non a vederne tanti nei musei, ma a usarli tutti i giorni) o fissandoli con gli occhi o puntando la mano in direzione dell’opzione scelta (e questo è molto meno comune da sperimentare nel quotidiano).
E tuttavia, in nessun momento la spettacolarità è ottenuta al prezzo della banalizzazione: non è l’edutainment da due soldi di certe trasmissioni televisive, ma un’esposizione sempre corretta dal punto di vista scientifico.
Al MUSE si gioca tantissimo, i miei 15″ di video su Instagram non sono che un pallido indizio di quanto tornerete bambini.
Sono stata seduta per dieci minuti davanti a uno schermo panoramico gigante, in cui si dipana un albero filogenetico bellissimo che mostra le relazioni fra i vari phylum, ordini e famiglie – dagli organismi unicellulari alle piante e animali più complessi: mi sono passati davanti agli occhi i miei anni di studio della biologia, e ho visto visualizzato quell’ordine complesso e meraviglioso che mi disegnavo con gli occhi della mente, al di là delle rappresentazioni non sempre felici che c’erano nei miei libri. Ho immaginato le lezioni sull’evoluzione che verranno tenute davanti a questo schermo, e provato invidia e contentezza per i ragazzi che vi assisteranno.
La maggior parte dei musei italiani è pensata e organizzata a beneficio e maggior gloria del curatore del museo, e ai visitatori sembra quasi di essere disturbatori non graditi e costantemente guardati con sospetto; il MUSE, al contrario, accoglie le persone senza mettere barriere, senza divieti di nessun tipo.
Sì, al MUSE fotografare è permesso, potete farlo con la vostra macchina fotografica, con lo smartphone, e perfino con eXplora MUSE, la app per iPad mini che vi guida nella visita: una delle straordinarie scoperte che hanno fatto (e di cui il 99% degli altri musei non sembra essere ancora consapevole) è che se condividete le foto della vostra visita con gli amici e sui social network, poi a un sacco di altra gente verrà voglia di venire a Trento.
Grazie @alebegoli mi ha fatto voglia di vederlo sto #openmuse @muse_museum ! Anche se mi sa che soffrirò un sacco di vertigini!
— Angelo Bongio (@AngeloBongio) July 27, 2013
Di più, al MUSE potete TOCCARE le cose esposte, ci si fida che non le rovinerete, e comunque sono lì per voi. Si può toccare il ghiaccio delle vette (e con 36°C fuori, è bellissimo), si può toccare l’acqua nel plastico della valle alpina e del sistema di briglie che la difende alle inondazioni, si possono toccare gli stessi animali, riproduzioni ed esemplari impagliati (spettacolo nello spettacolo, le facce dei bambini che accarezzano conigli, cervi, orsi e lupi).
Le risorse che altrove vengono impiegate a proteggere, sorvegliare e vietare, al MUSE sono state destinate a gestire la manutenzione, in modo che l’esperienza di visita resti bella e ricca per tutti.
Il MUSE distribuisce sapere, stupore e divertimento in dosi tanto abbondanti da reggere alla prova di migliaia di visitatori in contemporanea: si parla di più di 30.000 persone passate per le sale durante le 24 ore non-stop dell’inaugurazione, uno stress-test imponente ma superato in modo davvero brillante.
Una delle idee-guida che percorrono tutto il museo è la sostenibilità e la profonda interconnessione fra i fenomeni globali e i loro effetti locali. Capire come funziona il nostro pianeta per guidarne l’evoluzione e salvaguardare la biodiversità, non con la paura e lo sguardo rivolto all’indietro, ma usando il sapere per inventare un futuro migliore: ce n’è tanto bisogno, di un sapere scientifico diffuso, per contrastare superstizioni vecchie e nuove.
La serra tropicale, che ricrea l’ambiente di una foresta pluviale di alta quota, è il frutto di una collaborazione con il sistema dei Parchi Nazionali della Tanzania. Ho avuto un’interessante conversazione con Allan Kijazi, direttore del Parco Nazionale di Udzungwa, che mi ha confermato come da anni i ricercatori del Museo di Storia Naturale di Trento lavorino insieme a loro sia per catalogare le specie animali e vegetali della foresta pluviale, sia per creare e allestire un Centro Visite che attiri un turismo “verde” e generi occasioni di lavoro per le persone che vivono nel territorio del parco.
Il MUSE è anche un luogo dove si fa scienza: al primo piano un paio di porte, senza nessun cartello di “vietato entrare”, portano al corridoio su cui si affacciano i laboratori, stanze dalle pareti di vetro nelle quali lavorano alcuni dei 50 ricercatori dello staff.
Ecco, i laboratori messi in mostra mi hanno davvero emozionata: quando studiavo all’università, l’accesso ai laboratori era consentito solo se avevi appuntamento con un professore o se stavi lavorando per la tesi; io passavo per il corridoio di Zoologia e Genetica e gettavo occhiate curiose dentro alle stanze “non mie”, dove entravo solo dopo aver guadagnato la confidenza dei legittimi occupanti. Al MUSE invece il corridoio dei ricercatori è pensato per farci passare la gente, che cammina con i laboratori da un lato e le bacheche dei minerali e dei fossili dall’altro; io ci voglio tornare in punta di piedi, fuori dal weekend, per far vedere a mio figlio come lavorano gli scienziati.
A proposito di portare i bambini al museo: le tariffe-famiglia sono spettacolari nella loro semplicità cristallina: i bambini fino ai 14 anni entrano gratis se accompagnati dai genitori, e anche se ad accompagnarli è un genitore solo, perché – incredibile! – per il MUSE sono famiglie anche quelle con un genitore single :-)
Infine, al di là di tutti i dettagli di un progetto così grande, c’è questo segnale meraviglioso che fare le cose per bene si può:
E comunque vedere il #Muse di Piano è come assaporare la speranza di futuro anche in giorni difficili #openmuse pic.twitter.com/Sh9yEDr0Ok
— paolo mantovan (@paolomantovan) July 27, 2013
Il MUSE non nasce da un giorno all’altro, sono dieci anni di lavoro, e alcuni intensissimi ultimi mesi in cui decine di persone si sono spese al meglio per farlo riuscire. Ho sentito qualcuno dire “è stato il più bel progetto a cui ho mai lavorato”, dopo notti insonni per non bucare una deadline che avrebbe fatto tremare chiunque. Ecco, ciascuna di queste persone si merita il mio “grazie”, e sono contenta di averlo detto di persona a tanti di loro.
E, senza voler togliere nulla a nessuno degli altri, un merito enorme va al direttore del MUSE, Michele Lanzinger.
Ho avuto la fortuna di conoscere Michele Lanzinger una vita fa, quando io studiavo all’università e lui aveva terminato il dottorato in geologia; uno bravo davvero, che era difficile ignorare.
Alcune delle mie amiche politically correct lo criticavano definendolo “troppo ambizioso”, e io in silenzio mi chiedevo cosa ci fosse di male nell’essere ambiziosi; ora so che avevo ragione io, ma soprattutto che ha avuto ragione Michele e che ha ragione chiunque sia bravo e abbia l’ambizione di cambiare, di fare le cose come devono essere fatte, di non adattarsi al livello medio-basso di chi gioca in rimessa.
Ecco, il regalo più bello del MUSE è che è la prova provata che “si può fare”. Si può fare adesso, qui, in Italia, anche se nessun ministro o sottosegretario si degna di venire all’inaugurazione, anche se la RAI e alcuni quotidiani nazionali ti dedicano meno spazio che al gossip delle star; si può fare perché oggi abbiamo tante più opportunità di fare la differenza, di essere il cambiamento che vogliamo vedere intorno a noi.
Rimbocchiamoci le maniche, c’è un sacco di lavoro bellissimo da fare.
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Complimenti Alessandra per l’articolo, non ci crederai ma me lo aspettavo proprio che scrivessi qualcosa al tuo ritorno :)
Grazie ancora per il tuo racconto e spero che questo progetto continui e sia di ispirazione per molti.
Ciao
William
Io c’ero, ma a leggerti mi sono commossa lo stesso!
sarà ma a me tutti quegli animali morti appesi fanno un po impressione…
Renzo Piano, comunque, aveva fatto la California Academy of Sciences a San Francisco: http://www.calacademy.org/academy/building/ – ti auguro di visitare anche questo!
bellissimo!!!!! funzionale, moderno, sorprendente la tua descrizione!!!! grazie….
Bel post Alessandra! Ho seguito la tua visita al MUSE da twitter e mi avevi già trasmesso il tuo entusiasmo, comunque diverso dai tanti altri che ne hanno parlato. Ora capisco qual è la componente in più che rende il tuo entusiasmo diverso, più efficace e cioè la tua passione e conoscnza della biologia. Di sicuro hai colto meglio di altri la novità e grandezza del MUSE e a far venir voglia a chiunque di visitarlo.
Grazie per questo post intelligentemente entusiasta che mi ha aggiunto voglia di vedere questo straordinario museo, ma soprattutto di portare con me le gemelle (quasi 5 anni) che sono sicura si divertiranno come e più di me!
E, ovviamente, condivido il tuo post, per le ottime ragioni che hai detto sopra! :-)
Bella la tua recensione …
Mi sono permesso di segnalarla sulla pagina Facebook.
(http://www.facebook.com/photo.php?fbid=622149051151081&set=a.115998135099511.10829.115277931838198&type=1&theater)
Non è tutt’oro quel che riluce, purtroppo http://www.ladige.it/editoriali/carrozzone-costoso-fara-fine-mart
Quanta miopia, quanto passatismo, quanto qualunquismo nell’editoriale che hai linkato…
Purtroppo è pura verità! Non c’entra la miopia, il passatismo e il qualunquismo (?): una bella (e costosissima) realizzazione non può far passare in secondo piano il fatto che tutto sia nato da una speculazione immobiliare assistita dall’ente pubblico e che i trentini dovranno caricarsi obtorto collo sul groppone. Esattamente com’è avvenuto col Mart di cui si pronosticavano, anche allora, solenni meraviglie. S’è poi visto: un carrozzone-buco nero che divora milioni di euro ogni anno. Ma vedo che la massiccia propaganda pro Muse ha funzionato egregiamente… :(
Grazie Alessandra, mi hai fatto venire una gran voglia di andarci prima possibile!
che meraviglia Alessandra!!!! Grazie per averci informato.
Anche il tuo “MUSE: il museo pop che sognavo ora c’è” da subito l’idea “di fare le cose come devono essere fatte”. Ci stiamo già organizzando per andarci con i nostri bambini.
Ci vediamo in autunno a Bologna. Cari saluti. Daniela
Bello, bello; peccato solo che alcune parti di questo racconto zuccheroso non siano vere. Una fra tutte: al MUSE NON si possono toccare molte delle cose esposte, come ricordato da continui annunci all’altoparlante… NON si può toccare il ghiaccio delle vette, e NON si possono toccare gli stessi animali; soprattutto, non si possono toccare molti giochi ed esperimenti, già rotti o non funzionanti a meno di un mese dall’apertura del museo…
E’ un bel museo, davvero, per quanto in molti punti caotico (vedere la sezione dinosauri per comprendere), ma se la manutenzione è così scarsa ed affidata a personale che preferisce perdere il suo tempo chiacchierando con i colleghi o giocherellando con i propri tablet invece di verificare se le cose funzionano come dovrebbero, allora avrà vita breve… :(
Daniele, io non ho edulcorato niente, ho raccontato quella che è stata la mia esperienza, tal quale. Se nelle settimane successive, a fronte di un flusso di visitatori (molto) più alto del previsto, ci sono stati degli aggiustamenti e dei problemi di organizzazione, credo che sia comprensibile, e sono sicura che lo staff sta facendo tutt’altro che giocherellare con gli ipad o perder tempo in chiacchiere.
Alessandra, il fatto di non aver prima verificato ciò di cui dici essere sicura non gioca molto a favore delle tue tesi, lo ammetterai… Al contrario io, di chi gioca con l’iPad o perde tempo in chiacchiere, ho le foto, oltre che osservazione diretta.
Per quanto riguarda la tua obiezione, non mi trovi d’accordo sul fatto che gli “aggiustamenti” siano “comprensibili”, in quanto un museo che nasce per permettere un approccio differente ai visitatori non si può permettere di invitare a sperimentare e, al tempo stesso, vietare di toccare; e se il numero di visitatori è stato superiore al previsto, allora vuol dire che le previsioni sono state errate, e non si corre certo ai ripari con annunci post-acquisto del biglietto (il cui prezzo, per inciso, non tiene neppure conto del fatto che alcune zone sono tuttora in allestimento o già in riparazione).
Mi auguro comunque anch’io che sistemino le cose, perché il potenziale c’è.
Buongiorno Alessandra,
sono numerose le soddisfazioni che ci danno i blogger, soprattutto se i post sono scritti con competenza e passione come il tuo.
Per quel che riguarda il link postato da “mariop”, personalmente non mi sento di commentarlo, probabilmente si tratta di argomentazioni che rientrano all’interno di una sfera politico/amministrativa per la quale non mi esprimo.
Unica riflessione: spero che le prime ricadute di un’istituzione museale siano di tipo culturale, più che economico; le seconde sono conseguenza delle prime.
Per quel che riguarda il commento di “Daniele”:
il MUSE(o) ha voluto, come principio progettuale, eliminare barriere tra oggetti esposti e il visitatore; lo ha fatto sin dall’inizio.
Poi il tutto è stato ridimensionato, come lui giustamente fa notare gli speaker diramano un avviso trilingue in cui si chiede di non toccare gli animali esposti.
Perché questo? Toccare non vuole dire danneggiare-rompere-asportare.
Un animale tassidermizzato non è un reperto facile da riparare, figuriamoci da rimpiazzare e non stiamo parlando di questioni meramente economiche.
Ad oggi abbiamo avuto > 80.472 visitatori, purtroppo basta una bassissima percentuale di persone “poco accorte” per provocare ingenti danni.
Gli exhibit “hands-on” si possono toccare tutti (se no non si chiamerebbero così); se un particolare presidio didattico risulta momentaneamente non funzionale per le ragioni di cui sopra è normale darne avviso, tramite cartelli, al pubblico.
E’ stato chiesto al pubblico di non toccare la ricostruzione di lingua glaciale perché toccando sempre nel medesimo punto, ed asportando ghiaccio, si rischiava di mettere alla luce la serpentina di raffreddamento. Si tratta quindi di una normale indicazione di sicurezza. Volendo basta avvicinare il palmo della mano alla superficie ghiacciata per percepirne il caratteristico freddo.
Non capisco cosa si intende con “sezione dei dinosauri”, forse lo spazio al -1 del Big Void che però è dedicato all’Evoluzione e non ai Rettili di cui sopra. Comunque se vi è qualcosa di poco chiaro possiamo provare a spiegarlo o se vi è qualcosa di spiegato male prendiamo la cosa come utile commento per migliorare.
Per quel che riguarda gli operatori (pilot+coach) le riparazioni e la manutenzione non sono cosa di loro competenza, per quelle abbiamo un settore tecnico o ricorriamo a professionisti esterni (le stesse ditte che hanno realizzato gli exhibit).
Gli operatori non hanno in dotazione iPad museali, se non l’operatore della Science On a Sphere; si tratta di un dispositivo che permette solo di interagire con la sfera della NOAA, cosa che si fa regolarmente e costantemente.
Spero di aver risposto almeno in parte alle criticità rilevate.
Ringrazio tutte le persone che hanno commentato, perché ci aiutano a migliorare.
Karol Tabarelli de Fatis
Social media Staff – MUSE di Trento
Per @mariop e tutti quelli che gufavano che il MUSE sarebbe stato un carrozzone deserto: 500.000 visitatori in meno di un anno, ciao.
Non significa nulla. E’ un carrozzone che probabilmente non sta e non starà mai in piedi, come il Mart diventato un buco nero per l’amministazione. Una parte non irrilevante degli ingressi del Muse sono studenti. Ovvio che, all’inizio, ci si va perché è una novità, ma poi? I conti si fanno alla fine, dopo che si è entrati a regime… Quanto è costato il Muse al contribuente? Si regge in piedi con le sue gambe, considerato che costa 8 milioni di sola gestione l’ann0? (otto!). Questa è la domanda vera, il resto è pura propaganda
Grazie Alessandra per le tue impressioni, domani ci porto i bambini, e il tuo articolo mi è stato molto utile ;-)
E visto che si può fotografare… mi porto pure la macchina fotografica