Oggi Valeria Maltoni, nel suo blog Conversation Agent, pubblica un’intervista a Kristina Halvorson, autrice di Content Strategy for the Web. A un certo punto la Halvorson afferma che la conversation strategy deve essere considerata come una componente centrale della content strategy; leggendo questa frase, non ho potuto fare a meno di collegarla a una serie di riflessioni che sto facendo sul ruolo delle agenzie che si occupano di promozione turistica di un territorio, e su alcuni progetti che in un modo o nell’altra mi hanno coinvolta in questi mesi.
Dato per assodato che chi si occupa di promozione turistica debba raccogliere, creare e rendere disponibili contenuti (testi, informazioni, immagini, mappe, video…) utili e usabili, io sono sempre più convinta che sia fondamentale andare oltre il broadcasting e lavorare sull’aggregazione dei contenuti prodotti spontaneamente dalle persone, quando non stimolare attivamente questa produzione.
Parlando agli studenti di #tagbolab di “storytelling per il marketing turistico“, riflettevo su quanto i nostri racconti delle esperienze di viaggio influenzano le scelte della nostra rete sociale, e di come è possibile facilitare – o addirittura organizzare – lo storytelling in modi che non siano comunque forzati e non cadano nell’errore capitale dei fake. In questo senso, i risultati del social media team elbano mi sembrano esemplari: un piccolo evento locale, la Festa dell’Uva di Capoliveri, che, da una situazione di presenza online scarsa e frammentaria, è passato a un’ottima copertura, con un picco eccezionale di visibilità online nel periodo della festa, e un risultato permanente di SERP.
Sempre dalla Toscana, arriva in questi giorni la chiamata a raccolta degli utenti Foursquare, invitati da Visit Tuscany a spedire i propri suggerimenti alla redazione per popolare di tips le varie località della regione, sul canale ufficiale della Regione Toscana in Foursquare. Il messaggio mi sembra evidente: non si chiede a chi viaggia di stare costantemente collegati ai propri siti, ma gli si portano i suggerimenti di tutti direttamente sul social network di tendenza fra i servizi geolocalizzati.
Quindi: uscire dall’ossessione verso l’aumento delle metriche del proprio sito (visite, pagine aperte, tempi di permanenza), preoccupandosi che i contenuti arrivino comunque ai destinatari, qualunque sia il luogo che stanno frequentando; e offrire contenuti che sono il frutto di un’intelligenza collettiva del territorio, e presentano informazioni – ma anche stili e toni di voce – per una volta diversi da quelli dell’agenzia di promozione.
Infine, il progetto Adotta una parola: quando a metà ottobre la redazione di Turismo Emilia Romagna l’ha lanciato, mi sono subito passati per la mente due flash:
L’idea alla base di #adottaunaparola è geniale nella sua semplicità: prendere felicemente atto della realtà, in cui le persone usano Wikipedia come enciclopedia affidabile e sempre disponibile, e interpretare il proprio ruolo di “curatori di contenuti” nel senso di “prendersi cura” dei contenuti che sono in rete.
E soprattutto promuovere quest’idea del “prendersi cura”, non come un “pensateci voi”, ma al contrario come un rilancio sull’idea di promozione, responsabilità e amore per una terra: vi facciamo tornare in mente che c’è qualcosa che potete fare anche voi per manifestare la vostra appartenenza, ed è controllare / curare / tener d’occhio un pezzetto del vocabolario che la racconta.
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2 commenti a “Promozione territoriale, dare la parola alle persone”
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