Per scrivere testi che funzionano, cioè che ci aiutano a ottenere attenzione, interesse, e, perché no, clienti e vendite, bisogna riuscire nel difficile compito di uscire da noi stessi e immedesimarci nei pensieri di quelli che leggeranno le nostre parole.
Se non lo facciamo, parleremo per pagine e pagine dei nostri prodotti, dei nostri servizi, della nostra azienda, della nostra storia e dei nostri valori: ma difficilmente troveremo qualcuno disposto a seguirci in questo monologo autocentrato.
Come scrive Sandro Veronesi,
“la gente pensa a noi infinitamente meno di quanto crediamo”
Ai nostri clienti (veri o potenziali) importa ben poco di noi, e sono al contrario molto più interessati a se stessi, ai loro problemi, ai loro obiettivi. Per catturare il loro interesse, non dobbiamo parlare di noi, ma di loro: cosa impedisce loro di lavorare o vivere bene, quali dei loro problemi potrebbero essere risolti, cosa li aiuterebbe a raggiungere i traguardi che loro desiderano.
Parlare degli interessi, problemi e desideri dei nostri clienti, usare le loro parole e i loro modi di dire, è anche uno dei pilastri del buon SEO, perché (come scrivo in altri post) se qualcuno che non ci conosceva trova noi proprio mentre sta cercando qualcosa che gli serve, il suo interesse per noi sarà infinitamente maggiore di quel che potremmo ottenere con una telefonata “a freddo”.
Un buon esempio di questa regola base della scrittura mi è capitato fra le mani nei giorni scorsi, da una fonte decisamente inattesa: il giornalino lasciato nella nostra buchetta della posta dai Testimoni di Geova.
Di solito i Testimoni di Geova forniscono esempi lampanti del cosiddetto interruption marketing: voi state camminando di fretta perché siete in ritardo a un appuntamento e due signore di mezza età vi fermano sul marciapiede per parlarvi dell’arrivo del Regno; oppure state cucinando il pranzo della domenica e contemporaneamente telefonate a un’amica e raccogliete i giochi di vostro figlio, e due ragazzi suonano alla vostra porta cercando di aprire una discussione sul futuro della vostra anima. Come ciascuno di noi ben sa, il marketing dell’interruzione ha ben poche probabilità di successo.
Questa volta invece il numero di “Svegliatevi!” aveva una copertina che avrei potuto confondere con quella del giornalino della Coop o di una rivista per consumatori: “Senza lavoro – come vivere con meno”.
Gli articoli all’interno andavano da come affrontare psicologicamente lo stress e l’inevitabile depressione dovuti alla perdita del lavoro (o alla difficoltà di trovarne uno), a consigli su come condurre uno stile di vita meno consumista, più attento a un uso razionale delle risorse, essenziale e a basso consumo.
Confesso che non ho trovato il contenuto tanto diverso dai tanti trattati sul downshifting usciti negli ultimi anni, e nemmeno da quello di siti come zenhabits, che sicuramente mi sento più a mio agio a citare rispetto alla rivista dei Testimoni di Geova :-D
Insomma, non voglio certo annunciarvi che mi hanno convertita e che sto scrivendo questo post dalla Sala del Regno, ma sicuramente hanno ottenuto con me il loro miglior risultato storico: quello di farmi leggere un loro giornalino quasi per intero, e di farmi ricordare quanto sia potente il richiamo delle comunità di fede sulle persone in difficoltà.
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Ciao Alessandra e grazie per l’ottimo articolo.
Effettivamente quando si parla di contenuti per un sito la cosa peggiore è avere testi infimi, ovviamente, ma la seconda (e la prima di chi ragiona il web dal punto di vista dei risultati) è avere testi standard, senza anima e autoreferenziali.
Portare l’attenzione da “noi” a “loro” è un passo indispensabile per vedere aumentare le email di contatto :-)
Ciao
Luigi
P.S. mi dovrò abbonare a “Svegliatevi!” ^ ^