[Pubblico qui una mia riflessione sull’uso dello storytelling che ho scritto come contributo a una ricerca che viene presentata oggi a BeWizard da Lidia Marongiu]
La narrazione, è – insieme a informazione e comunicazione – uno degli ingredienti che ci servono per vendere qualunque servizio; tanto più nel turismo, dove le destinazioni e le strutture sono spesso palcoscenici naturali di storie vissute o immaginate.
Il ruolo della narrazione è di stimolare il desiderio, accendere l’immaginazione, creare immedesimazione, anticipando – o prolungando – il piacere del viaggio.
Nella pratica, vedo tre tipi possibili di narrazione:
Nel primo caso, si tratta di riconoscere e valorizzare ciò che ci rende unici, i nostri caratteri distintivi, quel che nessun concorrente potrà eguagliare o imitare. È una strada praticabile per piccole strutture, magari a carattere familiare, dove è fondamentale uscire dalla pura concorrenza basata sul prezzo, e dare alla propria ospitalità le caratteristiche di un incontro.
Il secondo tipo di storytelling si presta alla valorizzazione di una destinazione, al racconto – meglio se collettivo – di un luogo. Lo scopo è quello di stimolare il desiderio, accendere la fantasia e suscitare la voglia di ripercorrere dal vivo gli itinerari immaginati.
Nell’ultimo caso lo scopo è quello di generare la voglia di raccontare, offrendo spunti che poi i visitatori elaboreranno per creare le proprie narrazioni: penso alle gentilezze inattese, ai luoghi “instagrammabili”, alle ambientazioni a tema; il lavoro successivo è quello dell’ascolto continuo, per raccogliere i racconti migliori e farne “testimonial autentici” della propria destinazione o struttura.
Lo storytelling non è una bacchetta magica, e funziona solo se applicato su una solida base fatta di prodotti che rispondono alle esigenze di base dei turisti: pulizia, sicurezza, buon rapporto qualità/prezzo. A parità di queste condizioni, è il fattore umano che conta, e in questo senso la narrazione ha un ruolo in diverse fasi della customer journey:
A cosa attribuiamo più valore? Alla spinta finale che fa scattare la decisione di acquistare un nostro servizio, o alla scintilla che ha generato il primo incontro, o a tutti i gesti che hanno contribuito a mantenere viva una relazione fra questi due momenti? A seconda del modello di attribuzione che applichiamo, cambia il merito che riconosciamo allo storytelling, che tendenzialmente giocherà un ruolo nell’aumentare la nostra visibilità e nell’accendere il desiderio, e magari meno nella fase di confronto fra le opzioni, quando tendiamo a soppesare soprattutto dati e informazioni.
Ciò che io consiglio è di monitorare le conversazioni – in termini di volume e di sentiment espresso – e di pesare il traffico che arriva da social network e link spontanei, valutandone l’apporto non solo rispetto alla conversione finale, ma anche rispetto a tutto il percorso di avvicinamento dalla prima visita alla conversione.
Destinazione Umana è un network di agriturismi e B&B che si propone di accogliere turisti interessati all’incontro con le persone prima ancora che con i luoghi; la presentazione degli host è quindi l’elemento centrale della loro proposta e la scheda di ciascuna struttura si apre col racconto fatto in prima persona dai padroni di casa. Si passa dal “vado a dormire in un posto” al “vado a trovare qualcuno”, e i criteri di ricerca all’interno del catalogo sono, oltre alla localizzazione geografica, la motivazione che muove ciascun host:
Si tratta di un progetto che fa uscire dall’ombra decine di storie che, normalmente, farebbero molta fatica a trovare una propria visibilità e ad avere le risorse per raccontarsi come si deve.
Al di là dell’ovvio utilizzo delle storie come elemento per selezionare il proprio pubblico, coinvolgere i potenziali ospiti delle strutture e motivarli ad acquistare un soggiorno, Destinazione Umana ha usato lo storytelling anche con un obiettivo meno scontato: quello di arricchire la propria offerta.
Alla presentazione del progetto è stato infatti lanciato un contest nel quale si chiedeva ai partecipanti di segnalare un agriturismo o B&B che a loro parere aveva le caratteristiche adatte per essere considerato una “destinazione umana”; vista la partecipazione, l’iniziativa è stata prolungata anche oltre i termini del contest, diventando una vera e propria mappatura partecipata delle “storie da visitare”, che funziona sia per trovare nuovi membri del network, sia per attivare dinamiche di conversazione e condivisione che supportano la visibilità del progetto e costituiscono il presupposto per il suo successo commerciale.
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Bello il post! Sulla stessa linea ti suggerisco questo:
http://www.mondaynote.com/2015/03/22/beware-of-airbnb-entering-the-hyperlocal-travel-guide-business/
bellissimo articolo!
Davvero molto interessante, per me che sono nuova dell’argomento e avrei bisogno di approfondire, avete qualche corso o incontro in calendario sul web marketing per il Turismo?
grazie!
Flavia, il digitalupdate “travel” in questo momento è in stand-by, ma ti consiglio di considerare altri corsi che sono ampiamente applicabili al settore travel: storytelling, social media marketing, video marketing, seo e contenuti che convertono.