Resto sempre basita quando, viaggiando, mi imbatto in un divieto di fotografare.
Posso capire – e rispetto – il divieto di sparare flashate su delicati affreschi appena restaurati, o su opere già sovraesposte la cui conservazione è messa a repentaglio dall’esagerato flusso di visitatori; ma in posti come la sala plastici del museo bolzanino dedicato alla mummia neolitica Ötzi, il Messner Mountain Museum di Brunico, la Casa delle Farfalle di Cervia, il severo ammonimento a non scattare foto mi sembra o vano o controproducente [edit: da Casa Farfalle mi precisano che da loro non è vietato scattare foto, ma solo usare il flash o pubblicare online le foto senza preventiva autorizzazione da parte loro].
Gran parte di noi viaggia con una macchina fotografica digitale e/o con un cellulare in grado di scattare foto: una parte consistente di queste immagini sono destinate a essere condivise con gli amici e, spesso, con gli sconosciuti, taggate col nome del posto in cui le abbiamo scattate.
Spesso sono foto tecnicamente imperfette, ma quasi sempre portano con sé un racconto, attaccato a un nome e a una faccia: sono cartoline che mandiamo ai nostri amici e in CC al mondo intero per parlare di un luogo che ci ha colpiti.
Ma i gestori di quel luogo, invece di ringraziarci, provano a impedirci di far loro una pubblicità gratuita e doppiamente efficace, perché arriva da un testimonial autentico!
Non venitemi a dire che lo fanno per preservare il commercio di libri e poster nel bookshop all’ingresso del museo: la foto scattata al volo è qualcosa di completamente diverso dalla raccolta di immagini realizzate da un professionista, stampate su buona carta e corredate di documentazione scritta.
A Bolzano, quando sono arrivata davanti alla ricostruzione dell’uomo dei ghiacci, non ho potuto trattenere l’impulso di fissarne l’immagine in uno scatto di Instagram; la foto – e le altre scattate nell’occasione – hanno ricevuto like e commenti, e su Twitter ci siamo raccontati che vale senz’altro la pena visitare quel museo.
Ciononostante, un’ora dopo, ho acquistato nel bookshop un bellissimo libro su Ötzi, che abbiamo letto e riletto nelle settimane successive alla visita.
La mossa intelligente che ha fatto sì che comprassimo il libro non è stata il divieto di fotografare, ma il passaggio nello “spazio famiglie”, un locale alla fine del museo dove i bambini possono giocare con colori, colla e materiali vari (cortecce, pezzetti di pelle, filo di rame) e reinventarsi quel che hanno visto nelle sale. All’interno dello spazio famiglie c’è una piccola biblioteca, in cui si possono sfogliare tranquillamente – e gratuitamente – i libri che poi sono in vendita nel bookshop. Così, mentre nostro figlio si divertiva, noi abbiamo guardato in tutta calma e senza l’ansia di rovinarli un sacco di libri sulla preistoria e su Ötzi, e ne abbiamo trovato uno che ci piaceva moltissimo e che quindi abbiamo comprato subito dopo.
Morale: meglio far provare le cose gratis e senza impegno, che imporre divieti e DRM.
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AGGIUNGO INOLTRE VILLA PANZA QUELLA DEL FAI A VARESE.
NELLA COLLEZZIONE D’ARTE “MODERNA” VI SONO LE INSTALLAZIONI DI DAN FLAVIN. UN ARTISTA CHE OPERA CON LA LUCE …NEL SENSO DI “NEON”…BENE MI HANNO VIETATO L’OSO DELLA MACCHINA…ADDUCENDO LA SOLITA BAGGIANATA CHE POTESSE DANNEGGIARE L’OPERA. MUHAHAHAHAAHAHA IL MIO FLASH DANNEGGIA DEI NEON CHE SI VEDREBBERO DA QUI A PARIGI TANTO SONO FORTI. INOLTRE LA BAGGIANATA SUSSISTE QUANDO SUL SITO DEL FAI …SI VEDE UNO SLIDE SHOW, CON LE OPERE DI FLAVIN ROPRESE CON UNA LUCE TALMENTE ACCECANTE DA VIRARE TUTTO AL BIANCO PERDENDOL’UNICA COSA DI CUI VALEVA LA PENA : IL COLORE …E LO POSSO BEN DIRE, VISTO CHE FREGANDOMENE DELLA BAGGIANATA HO FOTOGRAFATO CON IL MIO MITICO NOKIA LE OPERE CON IL COLORE REALE E NON QUELLA SCHIFEZZA CHE C’è SUL SITO. VISIONABILI SUL MIO PROFILO FB.
UN CARO SALUTO
KATERINA
A me capita sempre in fiera, nelle manifestazioni creative. Standisti assatanati che ti mordono la giugulare se osi fare una foto. Come se io non potessi copiare – volendo – una bambola di pezza, se prima non la fotografo.
In questo caso, io credo che la paura derivi non solo dal non conoscere le potenzialità della Rete (= pubblicità gratis), ma soprattutto dal fatto che, se temi di essere replicato impunemente, forse non hai prodotto nulla di così originale o creativo che porti il tuo marchio o che ti identifichi.
La paura della circolazione delle idee mi fa sempre pensare che queste idee non siano poi così irripetibili, per lo meno nel mio ‘settore’.
Ma se un Museo ha paura di condividere la cultura, come farà questa cultura a raggiungere le persone fuori dalla cerchia di quel Museo?
nelle fiere a volte posso capire, benché sia probabilmente una lotta vana; ma nelle destinazioni turistiche, che non sono “replicabili” ma vendono un’esperienza, davvero mi sembra insensato: ciò che pensano di perdere in diritti d’immagine, lo riguadagnerebbero tutto in maggiori visite…
Condivido quanto hai scritto e spesso anch’io mi stupisco di quanto sottovalutino il potenziale della condivisione in Rete. qualche settimana fa ho condiviso su Instagram foto del museo dell’auto. L’allestimento mi è talmente piaciuto che ho deciso di non chiedere se si poteva fare o meno. Ad un rimprovero avrei risposto che stavo facendo pubblicità gratuita.
Il massimo sarebbe uno sconto sui biglietti di ingresso per chi posta foto del museo ;)
Hai proprio ragione, il divieto di fotografare è figlio dell’ormai antiquato concetto di “proprietà privata” che tende a tutelare i diritti anche laddove è evidentemente assurdo, per poi poterli sfruttare tramite vendita di libri ed affini, senza capire che il potere della condivisione va ben oltre e genererebbe ben altri guadagni!
Ciao a tutti, vi scriviamo da Casa delle Farfalle & Co. dio Cervia. Teniamo a precisare che da noi non è assolutamente vietato scattare foto, anzi…l’unica limitazione che poniamo è l’utilizzo del flash ma esclusivamente per non arrecare fastidio agli animali. Se poi qualcuno intenedesse pubblicare o utilizzare le foto scattate presso la nostra struttura può farlo tranquillamente a seguito di un semplice permesso rilasciato da noi. Sperando di essere stati chiari…venite a trovarci!
Prendo atto della precisazione di Casa delle Farfalle, e provvedo a integrarla nel post, ma questo non cambia la sostanza della mia domanda: perché dovrei chiedervi preventivamente il permesso di pubblicare su un social network una foto che ho scattato nella vostra bellissima serra?
Se il permesso lo accordate a tutti, è una formalità inutile; se la gente ignora la richiesta (come ho il sospetto che molti facciano, anche perché tutte le persone a cui mi è capitato di parlare di questa cosa hanno detto di non essersi accorti del cartello), è un cartello vano; alla peggio, funziona da disincentivo e “ingessatura burocratica” di un gesto spontaneo. Mah.
Concordo in pieno, aggiungo che all’acquario di Genova ho scattato centinaia di foto (tutte rigorosamente senza flash) che sono diventate motivo di condivisione con parenti e amici, quindi pubblicità gratuita per l’acquario (ne avesse bisogno).
Confermo che anche in quella situazione, un passaggio obbligato in zona ‘souvenir’ debitamente studiato ha il suo buon effetto sui bambini (e sui genitori).
Fred
Condivido in pieno il contenuto del post, inclusa la replica del 17 agosto al rappresentante della Casa delle Farfalle. Sul problema generale del cosiddetto “diritto di panorama”, segnalo che nella mia nella Guida online per Scuole e Famiglie al diritto d’autore c’è anche un breve parere di un avvocato su questo tema.